Elsa Morante. L’incantatrice, di Rossana Dedola

Il 18 agosto del 1912, in una sala parto per indigenti nel cuore di Trastevere, nasceva Elsa Morante, scrittrice anticonformista e rivoluzionaria. Lindau la celebra con il libro Elsa Morante. L’incantatrice, di Rossana Dedola.

Chi l’ha incontrata, nelle diverse fasi della sua vita, ha trasmesso di lei immagini completamente diverse.

La precocità, la genialità, la bellezza, il fascino, la vitalità, l’intelligenza, l’entusiasmo, i momenti di generosità, ma anche il dolore, l’insoddisfazione, l’autorità, l’insofferenza, l’irascibilità: sentimenti, qualità, slanci vitali, limiti e difetti giustapposti se non in lotta tra loro, senza la possibilità di arrivare a una sorta di equilibrio.

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Elsa Morante – L’incantatrice

Lo squilibrio sembra perdurare durante tutta l’esistenza di Elsa: accanto alla bambina di genio cresciuta tra le case di cemento del Testaccio – figlia della prima maestra Montessoriana della prima Casa dei bambini di Roma – e alla giovane bella, affascinante, dagli occhi ammalianti come quelli dei suoi gatti, pare emergere nella maturità una persona litigiosa, irascibile, che incute soggezione e timore.

Negli articoli in cui si parla di lei, ricorre ancora oggi una fastidiosa immagine che ce la mostra come una donna in preda all’ira e che, con violenza, mette a tacere un balbettante Moravia.

Ma che cosa c’era dietro quella reazione?

Che cosa le impediva di avere il controllo della situazione, soprattutto in momenti pubblici, e la spingeva a esplodere con tanta rabbia provocando in chi le stava di fronte un istintivo parteggiare per il marito?

«Ha strillato molto, ieri, l’Elsina?» domandò una volta Gadda

Possiamo immaginare, in quel gruppo di intellettuali composto quasi esclusivamente da uomini, le risate che si susseguirono al racconto; a distanza di tanti anni, non possiamo evitare di immaginarci le risate che trionfavano e l’arrabbiata Elsa volgere le spalle a tutto ciò e far ritorno sulla propria montagna incantata!

Elsa MoranteDietro il bon ton di Moravia, che non si scompone mai, possiamo riconoscere le buone maniere di una borghesia capace di esprimersi sottovoce e pronta a far tacere col silenzio drammi e segreti inenarrabili. In contrasto con tale reazione, ecco affacciarsi la popolana romana che piange e ride senza nascondere le proprie emozioni e che, senza tener conto degli astanti che la giudicano, esprime con violenza un dolore altrettanto violento. Di fronte a tali esplosioni di dolore causate da ferite e traumi, che molti della sua generazione non furono in grado di comprendere, Elsa si erge sgomenta e a lei si affiancheranno i giovani delle generazioni successive.

Il suo anticonformismo non le consentiva di percorrere vie di mezzo, anche se poteva suscitare forte perplessità in coloro che si trovavano accanto a lei e non sapevano sostenere le emozioni profonde, sconnesse e non padroneggiate da parte di chi da bambino, e soprattutto da bambina, non aveva avuto un’educazione che insegnava a nascondersi dietro il perbenismo.

A metà degli anni ’50, quando il suo legame con Pier Paolo Paolini si fece stretto, strettissimo, poteva anche capitare che con quegli stessi scrittori, poeti e intellettuali, grazie alla conoscenza diretta che Pasolini aveva del mondo delle borgate, si spingessero tutti insieme sino alla periferia romana, al Bolognese in via Ripetta o da Mario a Trastevere per banchettare con i suoi «ragazzi di vita».

Si vedevano a Trastevere o fuoriporta tavolate con ventine di ragazzi che mangiavano fettuccine, taluni compunti, altri rumorosi. Disseminati tra loro Elsa, Moravia, naturalmente Pier Paolo. Quella di non raggrupparsi loro tre era una determinazione di Elsa.

Non voleva che i ragazzi si sentissero oppressi o condizionati dalla loro diversità «cumulata» di intellettuali. Così sparsi dovevano lasciarsi assimilare da loro.

Pier Paolo a perfetto agio, raggiungeva uno stato di beatitudine. Elsa si illudeva di raggiungerla, in una tensione poetica che la faceva sorridere angelica, ambigua, un po’ sfidante verso Moravia che, solo, smaltiva il proprio imbarazzo sotto il cipiglio disperato.

Nella piena maturità Elsa sembra assumere il ruolo di grande maga incantatrice che riesce a capire i giovani e che vede i ragazzini come i salvatori del mondo.

Se ama la giovinezza e la vecchiaia le fa orrore, vi si precipita inesorabilmente scrivendo l’ultimo libro, in cui si arrende alla perdita della bellezza, alla sconfitta del corpo, e parla di omosessualità, dell’assassinio di Pier Paolo, e della sventura della malattia.

Grazie a un lungo e rigoroso lavoro di ricerca e interpretazione dei documenti originali conservati in novantacinque faldoni presso l’Archivio Morante della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Rossana Dedola ha dato nuova luce agli Studi intorno alla vita e alla personalità della scrittrice. Oltre 5.000 lettere inviate a Elsa Morante consultate, e 219 minute di Elsa Morante; scritti giovanili, racconti, romanzi editi e inediti, poesie, scritti critici ed etico-politici, traduzioni e opere lette e annotate. Rossana Dedola ha scandagliato ogni pagina collocata nel Fondo – arricchito naturalmente da i corpora manoscritti delle 5 opere principali della Morante e dal quaderno manoscritto de Lo scialle andaluso – per tentare una nuova lettura, più corretta e meno stereotipata della scrittrice e della donna.

Fondamentale anche la ripubblicazione e la ricollocazione delle lettere scritte da Alberto Moravia al Duce nel 1938 e nel 1941, un mese prima del suo matrimonio con Elsa. Ritrovate nell’Archivio Malaparte, e sopravvissute alla distruzione di tutti i documenti – manoscritti, diari, lettere… – presenti nell’Archivio Moravia prima del 1960, rimodellano ruoli, posizioni e, forse, sradicheranno odiosi cliché.

Se scrivere una biografia significa interpretare un’esistenza, nella vita di Elsa ritroviamo tutti gli eccessi con cui si misura nei romanzi.

L’autrice

Rossana Dedola, ricercatrice e docente presso la Scuola Normale di Pisa, analista didatta e supervisore dell’Istituto C. G. Jung e dell’International School of Analytical Psychology di Zurigo.

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