Il bambino di gomma. In libreria per Quodlibet

Dmitrij Vasil’evič Grigorovič è l’autore de Il bambino di gomma. Il libro è portato in Italia da Quodlibet ed è stato pubblicato nei mesi scorsi.

1883: mentre in Italia esce Pinocchio di Collodi, l’ormai attempato scrittore realista russo Dmitrij Vasil’evič Grigorovič pubblica Il bambino di gomma, testo per l’infanzia tra i più diffusi in Russia fino a tempi recenti.

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Il bambino di gomma – Il libro

Il bambino di gommaRacconta la storia di Petja, bambino orfano, infelice e fatto di gomma che finisce a lavorare come acrobata in un circo, quest’ultimo rappresentato nel suo “dietro le quinte” e nei suoi aspetti più crudi, in contrasto con lo scintillante momento della rappresentazione dei clown e degli acrobati e con le ben diverse condizioni di benessere che accomunano i bambini e gli adulti spettatori.

Grigorovič racconta così la situazione drammatica dell’infanzia senza mezzi e senza protezioni («in una città capitalistica», aggiunse la critica sovietica ufficiale); al contempo, però, propone la figura del bambino orfano e maltrattato come incarnazione della vittima innocente e senza riscatto, dunque come manifestazione dell’inermità assoluta, che inquieta tanto la coscienza di classe quanto ogni possibile adesione politica, letteraria e religiosa, innescando un immedicabile senso di colpa.

Il racconto di Grigorovič venne variamente riadattato e strumentalizzato in Russia. Piacque anche a un letterato nostrano, Renato Fucini, che nel 1910, con l’aiuto di una marchesa di origine russa, lo volle proporre al pubblico dell’Italia giolittiana: ne uscì Il bambino di gommelastica, una rivisitazione infedele, a tratti bozzettistica ma non troppo ideologizzante e condotta con stile svelto e nervoso ancora oggi godibile. Come godibile è ancora oggi lo stile, pur assai diverso, di Grigorovič.

Con questo libro si propone al pubblico italiano di incontrare, attraverso la storia del bambino infelice, le voci e le evoluzioni letterarie di due grandi narratori radicati nel proprio tempo e di seguire, guidati dal piacere della lettura, le principali vicende di un testo sotto tutti gli aspetti eccezionale. Per la prima volta in Italia, accanto alla brillante riscrittura di Renato Fucini, si propone il pastoso e buio racconto di Grigorovič in lingua originale e nella rigorosa traduzione di Martina Favilli. Giovanni Maccari, nella postfazione, ricostruisce in un quadro avvincente la figura e l’opera di Grigorovič, le vicende del testo di Fucini, i temi e le ragioni dell’opera originale e i moventi del suo adattamento.

L’autore

Dmitrij Vasil’evič Grigorovič nasce a Simbirsk nel 1822 da una famiglia di proprietari non ricchi e non particolarmente nobili. Il padre, che aveva servito negli ussari prima di dedicarsi all’amministrazione delle terre, muore nel 1830 lasciando il figlio alle cure della madre e della nonna, entrambe francesi.

Si realizza così una strana condizione, non inconsueta presso la nobiltà russa, per cui il bambino impara a leggere e scrivere in francese prima che in russo, apprendendo la lingua natale dai figli dei contadini nella tenuta paterna. Poiché la sua famiglia vive isolata dagli altri proprietari della zona, Grigorovič passa un’infanzia solitaria, che gli lascia un ardente desiderio di amicizia e di socialità. Nel 1836, dopo diversi passaggi in collegi e al ginnasio di Mosca, si iscrive alla Scuola di alta ingegneria di Pietroburgo dove fa la conoscenza, per lui decisiva, di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Sotto l’influenza di Dostoevskij e senza finire la scuola, si dedica all’attività letteraria, pur nutrendo al contempo interesse per il teatro e le arti figurative.

Prende parte alla nuova tendenza realistica della «scuola naturale»: nel 1845 pubblica il suo racconto Peterburgskye šarmanščiki (I suonatori d’organetto di Pietroburgo) nella raccolta Fisiologia di Pietroburgo; seguono Derevnija (Il villaggio, 1846); Anton Goremyka, 1847; poi i romanzi Rybaki (I pescatori, 1854) e Pereselency (1855). Nel 1858, in occasione della visita a Pietroburgo di Alexandre Dumas, sfrutta la sua perfetta conoscenza del francese per fargli da cicerone durante la sua permanenza in città. Negli anni Sessanta, in seguito ai disaccordi all’interno del «Sovremennik», lascia la rivista insieme all’ala liberale composta da Turgenev, Družinin, Botkin e altri. Nel 1864 pubblica Dva Generala (Due generali) e nello stesso anno diviene segretario della Società per il sostegno agli artisti.

Abbandona l’attività letteraria per diversi anni, tornando a scrivere solo nel 1883 con il racconto Guttaperčevyj Mal’čik (Il bambino di gomma), seguito da Akrobaty blagotvoritel’nosti (Gli acrobati della beneficenza, 1885). Nel 1893 pubblica le sue memorie letterarie (Literaturnye Vospominanija) e nel 1897 il saggio Skučnyj gorod (La città noiosa). Muore nel 1900.

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