Albert Camus – Cesare Pavese: chi ha scritto cosa?

La Bottega di Hamlin è sempre attenta a proporre novità e curiosità ai propri lettori. E allora eccoci qua con una curiosa novità…“Chi ha scritto cosa?”. Di cosa si tratta? E’ un gioco per due o più partecipanti. La sfida è abbinare ogni frase all’autore che l’ha scritta. Semplice!

LA RECENSIONE DE “LO STRANIERO” DI ALBERT CAMUS

“LA LUNA E I FALO'” DI CESARE PAVESE – ECCO LA RECENSIONE

Poi non mancano certo i siti a facilitare la ricerca di frasi, aforismi, pensieri. Quegli stessi siti che tanti consultano per trarre un post per Facebook, un Whatsapp per una ricorrenza o per un amico che festeggia qualcosa. Si può giocare con due o più autori, simili o totalmente diversi tra loro…

Ma ora il gioco si fa serio e avrete capito che si tratta di un pretesto, che si fa ancor più interessante e sorprendente se i due autori sono Albert Camus e Cesare Pavese. Allora proviamo? Ecco qualche frase. Chi ha scritto cosa?

1 “C’è qualcosa di più triste che invecchiare, ed è rimanere bambini.”
2 “Non essere amati è una semplice sventura; la vera disgrazia è non saper amare.”
3 “Il comportamento perfetto nasce dalla completa indifferenza.”
4 “Non manca mai a nessuno una buona ragione per uccidersi.”
5 “La speranza, al contrario di quello che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.”
6 “Una sola cosa è più tragica del dolore: la vita di un uomo felice.”

L’inizio Novecento ha vissuto di entusiasmi, di brio, di impeti di rivoluzione e modernità che non hanno avuto eguali in altri secoli, trascinati e sorretti in tutta Europa da movimenti artistici determinanti, coinvolgenti, primo tra tutti il Futurismo. Ma questa ansia di velocità, di cambiamento, questa corsa verso un nuovo futuro che avrebbe dovuto essere luminoso hanno portato guerre, insoddisfazioni, incertezze, paure, segnando profondamente le generazioni a venire.

Albert Camus e Cesare Pavese li sto accomunando, a titolo di esempio se volete, di esercizio, e altrettanto si potrebbe fare prendendo in considerazione diversi altri autori loro contemporanei. Ma siccome sto scrivendo io, metto in evidenza ciò che mi ha sempre colpito: le vite, i pensieri, i destini paralleli di questi due immensi autori.

Uno, Pavese, viene sradicato dal paesino perso tra le colline delle Langhe dove nasce a inizio secolo (1908). Trapiantato ancora bambino a Torino, la grande città, rimane presto orfano.  Traumatizzante! L’altro, Camus, nasce (1931) già orfano, nella sperduta Mondovi, casualità dei nomi, non quella piemontese ma in Algeria. Cresciuto, si trasferirà in Francia, a Parigi.

Il francese è scrittore, filosofo, giornalista, impegnato in lotte e dibattiti politici, è uomo di sinistra, comunista. L’italiano, è anch’egli scrittore, giornalista, fine traduttore (è sua la prima traduzione in italiano del Moby Dick di Melville nel 1932). Alla politica e alle lotte ci si trova tirato un po’ in mezzo, senza troppa convinzione, disorientato, a disagio. Anche lui di sinistra, più per compiacere e conquistare la donna che ama che per ideologia.

L’opera letteraria dei due autori, che non saprei dire se si conoscessero, anche se penso che facilmente Pavese fosse al corrente, e avesse letto, le opere del francese, hanno un filo comune di pensiero, di approccio alla vita. Per entrambi la morte è sempre presente, cammina al loro fianco. La vita è da entrambi considerata una assurdità.

Albert Camus esprime questo pensiero con “Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia”. Cesare Pavese non è da meno, ancor più sintetico. Al diario che intitola “Il mestiere di vivere”, affida la riflessione “Non manca mai a nessuno una buona ragione per uccidersi”.

Cesare Pavese non è mai stato letto abbastanza, mai abbastanza tradotto, mai abbastanza diffuso, premiato, visto che ha vinto solo il premio Strega nel 1950. Al contrario il francese ha avuto sicuramente maggior successo. Conosciuto, dibattuto, vincitore di diversi premi e di un Nobel nel 1957.

Non si tratta di disparità del valore letterario. Pavese potrebbe occupare degnamente il posto che gli spetta di autore di assoluto valore, il migliore del Novecento italiano e tra i primi a livello europeo. Oggi si direbbe che è stata tutta questione di marketing, della mancanza di una major motivata ad investire e ad applicare giuste leve strategiche e di comunicazione per lanciarlo, imporlo. Non solo in Italia ma nel mondo intero. Volutamente non elencherò le opere di uno e dell’altro. Andatevele a cercare, merita sicuramente farlo.

E chi vorrà leggerle, capirà ben presto, se non fosse ancora chiaro, che non deve pensare di crogiolarsi in finali lieti, ruffiani e catalizzatori del favore del lettore. Né c’è da aspettarsi un linguaggio suadente, accogliente, opportunista, che strizza l’occhio. Le loro parole, i loro pensieri ti si scolpiscono nel profondo. Inevitabilmente. Inesorabilmente. Leggere attentamente le istruzioni, dovrebbe esserci scritto sulle copertine! Camus e Pavese sono duri, crudi, violenti, tragici. Pavese si toglie la vita nel 1950. Un incidente d’auto nel 1960 impedì forse a Camus di seguire uguale destino ed esercitare la medesima scelta.

Terminano così le loro vite. Pavese non ha lasciato decidere ad altri della propria vita. Era arrivato il momento, la partita era finita e la ragione aveva preso il sopravvento sulle emozioni. Per entrambi, i pensieri e le tante parole usate per scrivere la loro stessa storia, la disperazione in un mondo che si era disfatto, ricomposto, ancora distrutto e ricomposto ancora, tra guerre, profondi cambiamenti, aneliti sociali, entusiasmi e delusioni.

Ora certamente ognuno vorrà dire la sua, sarà giusto, esatto, corretto, attendibile o strampalato quanto scritto sin qui? Tranquilli, non volevo fare l’esperto né aggiungere nulla agli attenti e seri studi di dotti, esperti e sapienti. Era un gioco, solo un gioco, un passatempo, per indovinare “Chi ha scritto cosa”.

Soluzioni:

1 – Pavese
2 – Camus
3 – Pavese
4 – Pavese
5 – Camus
6 – Camus

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diSteve Fortunato

Piemontese di origine e milanese d’adozione. Imprenditore da sempre, ha sfogato principalmente nel marketing e nella comunicazione la creatività e il desiderio di nuovi orizzonti e di nuove sfide. Razionale e impulsivo, istintivo e sensibile. Racconta vicende e persone con una visione nichilista e un linguaggio crudo, duro, scarno a volte, che però sa cedere a momenti delicati, di sottile nostalgia.