La prima scena di The Dressmaker si apre in un piccolissimo paese dell’Australia, Dungatar, nel 1951. Una bellissima donna, enigmatica e misteriosa, vestita in maniera impeccabile, che regge la custodia di una Singer, scende dal treno. Si accende una sigaretta e la frase che risuona nella notte è: «Bastardi sono tornata». La donna, una smagliante Kate Winslet, è la nostra protagonista, Myrtle Dunnage, che ora si fa chiamare Tilly e che torna nel suo paesino d’origine dopo esserne stata cacciata in tenerissima età, perché accusata dell’omicidio di un compagno di scuola. La vita non sarà facile al suo ritorno: dovrà accudire la madre, cercare la verità, farsi ben volere dal resto dei cittadini che, oltre a crederla un’assassina, la considerano anche una strega.
La colonna sonora evidenzia, in maniera prepotente, l’aspetto noir della pellicola, in costante equilibrio con un’atmosfera da commedia romantica. Il film cade a volte in scene sdolcinate, dove il ritmo si rialza grazie a qualche battuta pungente della co-protagonista Judy Davis, che interpreta la madre di Tilly, Molly Dunnage. Una menzione speciale ad alcuni attori che rendono il lungometraggio degno d’esser visto: Kate Winslet, la quale indossa egregiamente i costumi degli anni ’50; la sua fisicità è perfetta per il taglio in vita degli abiti, le gonne strette fino al ginocchio e i bustini che evidenziano il suo decolleté generoso. Inoltre, l’attrice interpreta molto bene la donna in carriera dall’aria malinconica e dal passato oscuro. Poi Hugo Weaving (il Sergente Farrat) che, anche qui, come in Matrix o Il Signore degli Anelli, interpreta un ruolo secondario, ma senza il quale al film mancherebbe quel tocco di modernità e di glamour in più.
Un film da “serata senza pensieri” che a tratti ricorda A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar di Beeban Kidron del 1995, con interpreti come Patrick Swayze e Stockard Channing, e che proprio come questo film, se osservato con più attenzione, può insegnarci qualcosa. L’immagine che diamo di noi stessi, anche attraverso un abito, non sempre ci rappresenta nella nostra totalità, ma potrebbe aiutarci a trovare la nostra vera identità e la nostra forza interiore, dandoci più fiducia, oltre che a farci apparire più belli.