Politico italiano: sei pellicole cult

Il filone politico italiano conobbe una certa fortuna tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso (ma proseguì anche nei decenni successivi), con registi quali Francesco Rosi o Elio Petri, solo per citare un paio di nomi davvero importanti. All’interno dell’ambito strettamente politico, che evidenziava alcuni elementi fondamentali della classe politica e della storia d’Italia, si inserì anche un cinema “sociale”, che accendeva i riflettori soprattutto sugli aspetti negativi dei grandi cambiamenti provocati dal boom economico.

Oggi vi proponiamo una selezione di sei titoli cult, diretti da grandi registi ed interpretati da grandi nomi del cinema nostrano, primo fra tutti il bravissimo Gian Maria Volonté.

GIANNI AMELIO, PORTE APERTEla recensioneporte_aperte2

«Durante il fascismo si dorme con le porte aperte». Palermo, 1937: Tommaso Scalia uccide l’ex datore di lavoro, l’impiegato che ha preso il suo posto e la moglie, dopo averla violentata. Torna a casa, si stende a letto e aspetta che la polizia lo arresti. Al processo la pena di morte sembra certa, se non fosse che il giudice Vito Di Francesco si oppone alla condanna. Film tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.

FRANCESCO ROSI, DIMENTICARE PALERMOla recensione141830826-19b7ac26-f4a6-4fb0-a0fc-3e73a1efd4ae

Carmine Bonavia, candidato a sindaco di New York, è deciso a condurre una battaglia per la legalizzazione della droga, così da combattere gli spacciatori e il narcotraffico. Una mossa che, ovviamente, rischia di fare perdere ingenti capitali alla mafia, che decide di vendicarsi: durante un soggiorno a Palermo, Carmine viene accusato ingiustamente della morte di un fioraio e, per levarsi dall’impiccio, è costretto a un compromesso con Cosa Nostra, che, grazie a delle fotografie, lo scagiona, ma in cambio pretende che i piani sulla legalizzazione vengano cancellati. La pellicola è tratta dal romanzo della giornalista francese Edmonde Charles-Roux.

ELIO PETRI, TODO MODOla recensione del film e lo speciale sul romanzo di Leonardo SciasciaTODO_MODO_NEG_2184x1180_R01_D_PH_101492

Sarcastica raffigurazione della politica italiana di metà anni Settanta, rappresentata dalla Democrazia Cristiana. Degli uomini – politici, banchieri, dirigenti, tutti legati alla corrente democristiana – si riuniscono in una specie di eremo per espiare i peccati di corruzione di cui si sono macchiati nell’ultimo anno. Fra tutti spicca il Presidente, un capo politico all’apparenza disponibile ad accogliere idee eterogenee mentre, in realtà, i suoi veri propositi sono di tutt’altra natura. Con il passare del tempo, a Zafer (così si chiama il luogo di clausura), si verificano dei misteriosi delitti: sembra che qualcuno voglia eliminare i membri del partito, ma chi?

ELIO PETRI, INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTOlo specialeIndagine

Il Dottore è il capo della sezione omicidi: un pomeriggio uccide Augusta, la sua amante, disseminando per la casa numerose prove che lo incolpano del delitto. In seguito, farà di tutto per auto-accusarsi del fatto. Perché? L’opera rappresentò l’ennesima collaborazione tra Petri e Volonté, i quali realizzarono insieme anche A ciascuno il suo (tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia), La classe operaia va in paradiso (che con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La proprietà non è più un furto costituisce la “trilogia della nevrosi”) e Todo Modo.

ELIO PETRI, LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISOla recensionelulù

Protagonisti del film sono le contestazioni, gli scioperi e i megafoni, pronti a riversare sulla folla motti intrisi di intellettualismi e ideologie non sempre colti dagli interessati, gli operai. La rappresentazione di Petri non ha fatto felice le sinistre, che hanno rifiutato di accettare il personaggio di Ludovico “Lulù” Massa perché dissimile dal loro modello marxista di operaio rivoluzionario. Nella pellicola, Petri critica la condizione esasperante della classe operaia, ma allo stesso tempo mette in ridicolo l’operato dei sindacati e l’eccessivo intellettualismo di certi universitari.

GIUSEPPE FERRARA, IL CASO MOROla recensione22668520YmgUWkz4frEV8760wZ8Ti6jmvRvjY4R8WtsRtynnfuwHdtONkGV7fCXrh_NOS7eKRMnLdciUDV5eX5Nv_LQ

Il 16 marzo 1978, Aldo Moro venne rapito a Roma. Giuseppe Ferrara ricostruisce gli eventi di uno degli episodi più significativi della Prima Repubblica: il soggetto del film è tratto dal libro di Robert Katz I giorni dell’ira, in cui lo scrittore e giornalista si chiede se l’omicidio di Moro non potesse essere evitato (la risposta è positiva). Una pagina oscura di storia italiana, che il bel film di Ferrara contribuisce a diffondere e approfondire in modo neutrale e diretto, spingendo il pubblico a una riflessione necessaria su gran parte del sistema politico del nostro Paese.

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