Jerzy Kosinski – L’uccello dipinto

Un bambino di nove anni come protagonista unico, un mondo ancestrale di violenza e odio: antitetici e discordanti, questi due poli attraversano tutta l’architettura narrativa de L’uccello dipinto, classico pubblicato nel 1965 dallo scrittore polacco Jerzy Kosinski. Il romanzo è autobiografico, l’autore racconta gli anni dell’occupazione nazista in Polonia dal suo punto di vista di bambino nato in città, da una famiglia ricca e borghese di origine ebrea, costretto a fuggire per sopravvivere alla cattura e a morte certa.

Jerzy ha nove anni, attraversa villaggi e conosce padroni diversi: contadini, fabbri, un cuoco, una fattucchiera che crea pozioni per malati e donne incinte, un costruttore di trappole per uccelli. Viene relegato a compiere mansioni umilissime e degradanti a causa dei capelli scuri e degli occhi nerissimi. Lo prendono per zingaro, come emarginato e bestia da soma viene trattato. Subisce violenze, riporta ferite, si accosta alla fede cristiana per poi pregare Satana, quando subisce delle percosse e scopre l’abisso nero di crudeltà dentro ogni uomo. Conosce il pericoloso mondo dei partigiani e arriva al cospetto di una SS che sta per trucidarlo. Assiste a scene di accoltellamenti, incesti, rapine, stupri, risse fra ubriachi e riporta, come cornice a questi eventi, una narrazione minuziosa e asettica, precisa come un fermo immagine.

Tra inverni gelidi e nevosi e estati roventi, Jerzy cresce, conosce l’amore che lo lascia più vuoto di prima. Nell’undicesimo anno di vita, entra a far parte di un accampamento di sovietici vendicativi e fanatici, che liberano l’est Europa dai nazisti: è per lui una stravagante parentesi di felicità, tra il credo leniniano e le immagini di Stalin. La guerra gli lascia segni indelebili, nel corpo e nella psiche, benché arrivi il lieto fine.

Una galleria di personaggi si accosta e calpesta Jerzy, permette di esplorare vortici insondabili di vizi e peccati atei. Il romanzo così si impregna di immagini sanguinolente e brutali, di un linguaggio poco fiorito ma molto efficace, nudo di orpelli come le vicende belliche sottese al racconto; è forte, realista di un realismo crudo.

L’uccello dipinto non è – solo – il racconto dell’infanzia dell’autore: è grido che proclama la guerra come morte della civiltà, che esplora gli istinti primordiali degli uomini, l’efferatezza. Diventa però un paradossale inno all’attaccamento alla vita, alla bellezza delle semplici cose, all’infanzia che, pura, pretende di restare pura.

ISBN
9788875216450
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