George Miller è considerato uno dei primi registi della cosiddetta “Australian New Wave”, nuova corrente del cinema australiano. Grazie a essa, il cinema dell’Australia è riuscito tra gli anni ’70 e gli ’80 a riscuotere un maggiore successo a livello internazionale (specialmente negli USA), proponendo una serie di film oggi considerati tra i migliori prodotti dell’industria cinematografica di quegli anni. Tra questi non mancano pellicole di culto: uno dei titoli più noti è quello di Mad Max (Interceptor nella versione italiana), diretto da Miller. La trama è semplice: a seguito di una grave carenza delle risorse energetiche, l’Australia è caduta in una situazione politico-sociale caotica, caratterizzata da piccole comunità dotate di scarso carburante e vittima di frequenti razzie da parte di criminali motorizzati.
Le aree di maggiore pericolo sono infatti le autostrade, costantemente attraversate da bande di motociclisti assetati di benzina. Per controllare questi criminali su due e quattro ruote, ridotti ad uno stato di “psicosi terminale”, il governo si affida ad un corpo speciale di polizia stradale, il Main Force Patrol: l’unico modo per affrontare la criminalità è lasciare la giustizia in mano a questi poliziotti dal pugno di ferro, uomini che, per natura, non sembrano essere poi così diversi dai briganti ai quali danno la caccia. Il film, dopo averci introdotto a questa realtà distopica con alcune scene di inseguimenti a folle velocità e brutalità varie compiute dai membri di una banda di biker, racconta la storia del poliziotto Max Rockatansky (interpretato da Mel Gibson) che, a bordo della sua Ford Falcon XB modificata, insegue il gruppo di motociclisti per vendicare la sua famiglia, investita per rappresaglia dalla gang capitanata dal sadico Toecutter (Hugh Keays-Byrne).
Interceptor (nome della vettura di Max) è entrato nel Guinness dei primati come film di maggior incasso nella storia del cinema, all’epoca della sua uscita: ottenne infatti un’eccezionale risposta di pubblico con un budget notevolmente basso. Nonostante la scarsità di mezzi utilizzata, il film funziona benissimo come pellicola d’azione, non priva di scene d’inseguimento su strada girate con una certa abilità per essere un esordio; ma quel che fornisce il punto di forza al film è l’ambientazione: lo scenario pre-apocalittico, che qui fornisce lo sfondo ad una sorta di degenerazione distopica dell’”on the road” americano, è al tempo stesso terrificante e credibile. Parte fondamentale di questo scenario è la gang di biker antagonista, composta da individui propensi ad una violenza di tipo goliardico, personaggi dall’aria caricaturale più che crudele, buffoni grotteschi capaci di atti di puro sadismo, perfetto simbolo di una società alla deriva e priva di codici morali.
Tutti questi elementi vanno a costituire un immaginario ben specifico, che si può dire abbia fortemente influenzato l’immagine della realtà post-apocalittica così come è stata in seguito affrontata dal cinema; un esempio celebre è costituito dal manga Ken il guerriero, il cui mondo fittizio prende spunto dalla realtà distopica rappresentata nel film di Miller: alcuni antagonisti di Ken hanno le sembianze di altrettanti nemici affrontati nel film da Max. Su questa idea di base è nata quindi una serie di film divenuta presto di culto, specialmente il primo sequel, uscito nel 1981, dal titolo Il guerriero della strada, film che ha ottenuto un successo ancora superiore.