26 tracce per due album, il primo dei quali uscito lo scorso 27 gennaio: stiamo parlando di Endkadenz Vol. 1, nuovo (e attesissimo) album dei Verdena – per il vol. 2 bisognerà aspettare quest’estate. Perché Endkadenz? “Merito” di una foto che ritrae l’ultima parte di un’esibizione del compositore argentino Mauricio Kagel: Kagel spinge il timpanista, dopo aver battuto l’ultimo colpo, a sfondare con la testa il tamburo, restandoci poi dentro, creando così un “effetto teatrale” destinato a imprimere maggiore forza all’esecuzione e a stabilire una certa connessione tra gli esecutori e il loro pubblico. “Endkadenz” è proprio questo: un finale d’impatto, un “ultimo colpo” ben assestato.
Un lavoro attento, meticoloso, ricco di strumenti e caratterizzato da una massiccia distorsione dei suoni, ispirato alla musica dei Rush, dei Queen, ma anche di Lucio Battisti: registrato tra il giugno 2013 e il novembre 2014 nell’Henhouse (uno studio ricavato da un pollaio), Endkadenz è il frutto di una sinergia speciale nata tra i due Ferrari (Alberto, che ha scritto la maggior parte dei pezzi, e Luca alla batteria) e Roberta Sammarelli (basso), che ha portato alla produzione di un numero straordinario di canzoni. In realtà, il numero di tracce iniziali era decisamente minore rispetto a quello poi prodotto ma – come ha raccontato la Sammarelli in un’intervista su Rolling Stone – ad un certo punto il registratore si è inceppato: senza lo strumento era impossibile registrare i brani e così i Verdena hanno continuato a scriverne altri (si parla addirittura di 400 pezzi).
Endkadenz è, in parte, la naturale evoluzione di Wow (anche se è possibile trovare tracce di Requiem, soprattutto nell’uso delle chitarre), uscito in doppio album nel 2011: la sensazione è quella di una maggiore maturità musicale da parte del gruppo bergamasco, capace, dopo vent’anni di carriera, di esplorare diversi generi musicali, spaziando dal rock psichedelico alla ballata, dai toni grunge al pop-rock (quest’ultimo è il caso del primo singolo Un po’ esageri), sperimentando costantemente, senza per questo tradire l’identità del loro personale percorso artistico.
Salutati all’inizio come i Nirvana del Belpaese, i nati Verbena (poi ribatezzati Verdena, quando si è scoperto che in Alabama esisteva già un gruppo chiamato così, il cui Into the Pink fu prodotto – ironia della sorte – da David Grohl, ex Nirvana e attuale frontman dei Foo Fighters) con Endkadenz hanno sancito la loro piena indipendenza in ambito musicale, diventando a loro volta termine di paragone per altri gruppi e confermandosi, a pieno titolo, una delle band più interessanti e poliedriche del panorama artistico italiano. Ora c’è solo da aspettare la seconda parte di questo lavoro, per capire se l’ottima qualità del vol. 1 verrà eguagliata. Viste le premesse, ne siamo quasi certi.