Elio Petri – La decima vittima

Tratto da un racconto fantascientifico di Robert Sheckley (The seventh victim), La decima vittima sembra a primo impatto un film decisamente non convenzionale per il suo regista Elio Petri, noto per opere cinematografiche politicamente impegnate e caratterizzate da specifiche accuse alla società del suo tempo e al proprio Paese. Il contesto futuro del film ci porta invece lontano dall’attualità storica solitamente indagata dal regista, collocando la vicenda in una Roma rivestita di manifesti e sculture appartenenti all’arte pop e minimalista: l’estetica del film (che all’epoca doveva sembrare futuristica) è affidata al fotografo di Gianni di Venanzo e riflette una tendenza alla commistione tra cinema e pop art molto diffusa negli anni ’60 e ‘70 (altri celebri esempi sono Arancia meccanica di Kubrick, Diabolik di Bava e Barbarella di Vadim).

In questa Roma del futuro ha dunque luogo la Grande caccia, cruento sport nel quale due concorrenti volontari vengono sorteggiati per ricoprire rispettivamente il ruolo di “cacciatore” e “vittima”. La caccia, alla quale partecipa un gruppo di persone contemporaneamente su tutto il pianeta, prevede un ingente premio in denaro per chi riesce a sopravvivere a dieci cacce, alternando i ruoli ed eliminando di volta in volta il proprio avversario: l’omicidio non viene in questa circostanza considerato come reato, la caccia ha anzi valore terapeutico, essendo percepita come valvola di sfogo per l’istinto bellico insito in ogni uomo. Vicina all’obiettivo, cioè alla decima vittima, è Caroline, sensuale cacciatrice americana alla quale viene assegnato l’italiano Marcello Poletti, partecipante più interessato ai propri problemi privati, legati ad una incerta storia sentimentale con la ex moglie e l’amante, che non alla competizione, che pure gli consente di vivere con agio poiché lo Stato, organizzatore dell’evento, retribuisce bene i partecipanti.

La decima vittima è un film peculiare, non nettamente classificabile in un genere specifico: i ritmi da film d’azione sono abilmente intrecciati con situazioni tipiche della più tradizionale commedia all’italiana, qui identificabile nel rapporto a tre di Marcello, interpretato nn a caso da uno degli attori esponenti di questo genere, Marcello Mastroianni, con tre diverse figure femminili, tra le quali ovviamente spicca la cacciatrice interpretata da Ursula Andress, attrice già nota per il suo ruolo come bond girl.

Se da un lato tutto ciò può sembrare la base per un banale film di svago, in realtà la sceneggiatura vede, oltre il nome dello stesso Petri, la collaborazione di due importanti scrittori del cinema italiano, Tonino Guerra ed Ennio Flaiano. Interessante è inoltre il punto di vista adottato da Petri, che pone un certo risalto ad un aspetto in particolare della caccia, ovvero la cinica pubblicità che vi sta dietro: il mondo del futuro, intrattenuto da spettacoli di sangue come la Roma dei gladiatori, non si salva dall’adottare un’ottica materialistica, scegliendo cioè di associare alla cacce più clamorose alcuni spot pubblicitari. È allora la vita stessa delle persone ad essere messa sul mercato dello spettacolo, il tutto con la piena approvazione di uno spietato Stato/potere (costantemente sotto l’occhio di un regista come Petri che rese il Potere l’oggetto principale del suo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto) sempre più disumano, che alla Grande caccia ha eretto un vero e proprio ministero.

 

 

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