Jonathan Glazer – Under the skin

Terza pellicola per il regista inglese Jonathan Glazer, Under the skin è un film che affronta il genere fantascientifico uscendo dagli schemi rappresentativi tradizionali, poggiando la sua struttura e concentrando tutto il suo fascino sulla bellezza surreale dell’immagine e sull’accompagnamento sonoro, composto dalla musicista sperimentale Mica Levi. Questi elementi recano l’impronta della formazione professionale di Glazer, la cui fama è legata soprattutto alla produzione di clip musicali (suo il video del celebre brano dei Radiohead Karma Police). Un’impronta estetica che si fa sentire molto rispetto i film precedenti, rendendo l’intento di Glazer un’operazione audace: trasporre un libro di fantascienza arricchito di toni distopici (nel quale si compie una satira nei confronti di certi eccessi del mondo consumistico) e contenente tematiche esistenziali, quale appunto Sotto la pelle dello scrittore Michel Faber, in un film che, più che puntare su una solida sceneggiatura, sceglie di affidare in toto il racconto all’immagine.

 

Una certa visionarietà, a tratti fin troppo manieristica,  pervade in effetti la pellicola dal primo all’ultimo fotogramma, rendendo facile la definizione di “film arthouse”. Ma nonostante queste premesse il film di Glazer non può del tutto ambire a definirsi capolavoro del cinema fantascientifico contemporaneo, titolo sul quale la critica si è nettamente divisa. Il problema riguarda proprio in primo luogo la sceneggiatura, ridotta a tal punto che si sente la mancanza di una linea narrativa: troppi elementi chiave della trama sono lasciati all’intuito dello spettatore, mentre del soggetto originale di Faber si perdono i presupposti più interessanti.

 

 

Resta solo lo spunto dell’analisi esistenziale, tutto affidato alla misteriosa figura della bella aliena Scarlett Johansson: l’interpretazione dell’attrice si rivela sufficientemente efficace nel trasmettere il senso di straniamento che ci aspetteremmo da una creatura non terrestre. È solo grazie alle sue azioni che capiamo l’essenziale di quel che accade: intuiamo che si tratta di una creatura aliena impossessatasi di un corpo umano e siamo lasciati intendere che il suo compito sulla Terra sia quello di adescare, grazie al suo fascino, vittime umane (apparentemente solo uomini) per poi condurle in una sorta di trappola: un ambiente senza forma che le cattura, lasciandole immerse in un fluido che sembra consumarle gradualmente. L’aliena, che inizialmente compie il suo lavoro con freddezza e indifferenza nei confronti delle sue prede, pian piano inizia ad avvicinarsi emotivamente alle vittime, fino a scoprire il significato di sentimenti tipicamente umani come la pietà. Ma nella sua missione non è sola: la accompagna un misterioso motociclista, apparentemente incaricato di sorvegliare il suo operato o coprirne le tracce.

 

Glazer non riesce in definitiva a nascondere la propria natura di regista di videoclip. Quasi come volesse anche qui “vendere” un qualcosa allo spettatore, porta sullo schermo immagini e musiche altamente suggestive, rendendo quindi la sagoma della diva Johansson il vero perno del film ma perdendo di vista la storia (il regista stesso ha dichiarato che il suo obiettivo non era fare un film di fantascienza). Lontani dall’accettare un eventuale confronto estetico con l’Odissea nello spazio kubrickiana, paragone come sempre troppo azzardato, osserviamo però come una versione ridotta di Under the skin potrebbe stare perfettamente a suo agio in un’esposizione d’arte contemporanea come espressione di video arte. Forse, più a suo agio che non al cinema.

 

 

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie