Peter Jackson – Lo Hobbit: La battaglia delle cinque armate

Il progetto de Lo Hobbit ha cominciato a vedere la luce nel 2008, quando Guillermo Del Toro fu incaricato di dirigere l’adattamento del libro di J.R.R. Tolkien, inizialmente pensato per essere diviso in due parti. I continui ritardi nelle riprese a causa di problemi finanziari, spinsero Del Toro a passare il timone due anni più tardi a sua maestà Peter Jackson, già produttore esecutivo. Nel 2012, a riprese ultimate, Jackson annunciò che delle 300 pagine che costituiscono Lo Hobbit ne sarebbe uscita una nuova trilogia, con inevitabili riadattamenti in fase di montaggio.

Quando si parla di saghe cinematografiche difficilmente si può prescindere da uno solo dei film che la compongono. Normale quindi, arrivati al terzo capitolo di una non entusiasmante ma tutto sommato riuscita trilogia, tracciarne un bilancio complessivo. Se si parla de La battaglia delle cinque armate, si devono quindi includere nel discorso anche i primi due capitoli delle avventure di Bilbo Baggins perchè nonostante sia il film più epico e quindi più vicino alla trilogia dell’anello (e perciò più bello), tutti i problemi causati dalla movimentata preproduzione e le mancanze accumulate durante gli anni finiscono necessariamente col compromettere la qualità anche di questo ultimo atto.

Perchè il difetto principale dei primi due film non è tanto nell’eccessiva durata (quasi otto ore complessive) e nell’aver dilatato spesso forzatamente alcune scene non necessarie, quanto nell’aver impiegato malamente il tempo a disposizione. Sia nel bambinesco Un viaggio inaspettato, sia nel poco avvincente La desolazione di Smaug ciò che mancava infatti era proprio una vicinanza ai protagonisti, un loro approfondito sviluppo narrativo, un coinvolgimento dello spettatore alle vicende narrate. Non essendoci mai affezionati veramente ai personaggi e ai loro rapporti (Bilbo non è Sam, Thorin non è Aragorn, c’è poco da fare), è normale quindi che anche le scene più drammatiche e strappalacrime presenti ne La battaglia delle cinque armate, si risolvano senza neanche un sussulto e finiscano col risultare fuori luogo.

Nessuno vuole mettere in dubbio le qualità registiche di Jackson, che qui dimostra ancora una volta di essere l’unico in grado di portare in vita le pagine dei racconti di Tolkien. E nemmeno sottovalutare l’inaspettato successo commerciale che ha già fruttato alle casse della produzione la bellezza di quasi 2 miliardi di dollari, senza contare gli incassi di quest’ultimo capitolo. Impossibile però non pensare che ciò che di buono ha ottenuto questa nuova trilogia dipenda dalla coda lunga che si porta dietro un film entrato di diritto nella storia del cinema come Il Signore degli Anelli, con il quale tutti, inevitabilmente, siamo portati a fare il confronto e che ognuno di noi ha sperato in qualche modo di ritrovare anche in questo ultimo capitolo, senza riuscirci.

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