Opera di Roma, licenziati duecento coristi e orchestrali

Con una decisione senza precedenti, il consiglio d’amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma ha licenziato orchestra e coro. «Una scelta molto dura e sofferta», l’ha definita il sovrintendente Carlo Fuortes, il quale, però, ha anche sottolineato come l’alternativa fosse la chiusura dello storico teatro.

Dalla sua parte anche il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini: «È un passaggio doloroso ma necessario per salvare l’Opera di Roma e ripartire”. «Non dimentichiamo che la situazione era diventata talmente insostenibile da costringere pochi giorni fa il Maestro Muti ad andarsene platealmente», ha ricordato il ministro. Solo pochi giorni fa, il vertice tra i soci fondatori dell’Opera – Mibact, Regione Lazio e Comune di Roma – aveva dato mandato al consiglio di amministrazione di «trovare le soluzioni più adeguate per una rinascita del teatro e a risolvere, alla radice, i problemi di fondo». Il risultato è stato il licenziamento di 182 unità di personale su 460, che secondo Fuortes dovrebbe portare risparmi per 3,4 milioni. «La procedura di licenziamento collettivo si avvia domani e dura al massimo 75 giorni: 45 giorni per le trattative sindacali e altri 30 giorni per la trattativa nei tavoli istituzionali. Poi si procede al licenziamento, quindi nei prossimi tre mesi tutti i dipendenti prenderanno regolarmente lo stipendio e dovranno lavorare. Noi auspichiamo che tutti o parte di musicisti e artisti del coro si riuniscano e formino un soggetto».

Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in una conferenza stampa in Campidoglio, al termine della riunione del cda, ha ricordato come «alla vigilia di Natale del 2013 è stato deliberato l’inizio del risanamento da quel disavanzo disastroso che avevamo trovato al momento del mio insediamento. Poi purtroppo una serie di situazioni hanno determinato una perdita di biglietteria, una fuga degli sponsor che vogliamo invece attrarre. Il doloroso e recente messaggio del maestro Muti ha determinato una frenata degli abbonamenti e una fuga degli sponsor. Ci troviamo con un risanamento avviato ma con differenza di entrate di 4,2 milioni di euro per l’anno prossimo».

Marino ha proseguito spiegando che «se si organizza tutto nel migliore dei modi, dal 1° gennaio il teatro dell’Opera potrebbe aver nuova orchestra e coro, che potrebbero essere anche costituiti dai vecchi musicisti, però con una forma contrattuale del tutto diversa: non sarebbero più dipendenti ma sarebbero loro a formare un’orchestra o un coro indipendente». Il modello guarda ad esperienze europee «come la London Symphony Orchestra o i Berliner Philharmoniker». Parole che non bastano a placare l’ira di orchestrali, coristi e sindacati, alcuni dei quali invocano l’articolo 18, al centro del dibattito politico proprio in questi giorni. «Siamo pronti a intraprendere tutte le iniziative, possibilmente unitarie con gli altri sindacati, per respingere questa decisione scellerata», afferma il segretario generale della Slc-Cgil di Roma e Lazio, Alberto Manzini, mentre il primo trombone Marco Piazzai (Fials Cisal), sostiene che si tratti di «un licenziamento ingiustificato e discriminatorio. C’è un progetto di smantellamento del Teatro dell’Opera. E forse Muti l’aveva capito e per questo se n’è andato. Ma siamo pronti a impugnare la decision».

Domani, la Fistel-Cisl domani manifesterà al Teatro dell’Opera (noto anche come Teatro Costanzi) a sostegno dei lavoratori in via di licenziamento, mentre tra i quadri e gli iscritti della Slc-Cgil si valuta invece l’ipotesi di un’assemblea all’interno del Teatro e di un presidio in Campidoglio, nella speranza che il tutto porti ad iniziative unitarie.

Insomma, il sipario sembra tutt’altro che calato sulla vicenda del Teatro dell’Opera.

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