Michael Bay – Transformers 4 – L’era dell’estinzione

C’è stato un periodo in cui i film di Michael Bay potevano anche essere presi sul serio. Un periodo in cui, viste le grandi trasformazioni della macchina cinema, potevano essere considerati come il manifesto estetico del rinnovamento in atto, i simboli cioè di un cinema digitale, immateriale ed etereo. Ma adesso basta.

 

Basta con le sceneggiature inesistenti, con i personaggi stereotipati, con le immagini da pubblicità, con il montaggio frenetico che rende tutto incomprensibile. Basta con le scene madri al tramonto, con le bandiere americane che sventolano, con le entrate trionfali e con i “cannoni che fanno il devasto”. Basta con gli attori sempre troppo belli per essere veri, con il grasso e il sudore finto, con lo smalto che resta perfetto dopo giorni di combattimento, con le battutacce in situazioni disperate. Semplicemente basta.

 

 

Con Transformers 4 – L’era dell’estinzione, ogni discorso sulla sospensione dell’incredulità necessaria per la visione di qualsiasi prodotto fantascientifico perde completamente di valore. Passi il fatto che per Michael Bay la sostanza si identifica da sempre con la forma, ma quando la trama è solo un pretesto per mostrare quasi tre ore di combattimenti tra robot senza un minimo di logica, allora questo diventa un affronto imperdonabile. Bay se ne frega infatti delle regole narrative e fin da subito riempie il film di dialoghi livello terza elementare e di infantili dinamiche tra personaggi rivelando così il suo vero obiettivo, ossia i bambini e il loro potere di acquisto.

Un film under 12 quindi che però ogni dieci minuti attraverso i suoi protagonisti, proclama la voglia di uccidere di qualcuno, mostra il sedere in bella vista di una minorenne, sfoggia abbondanti dosi di machismo e giustifica ogni tipo di crimine commesso per la patria senza disprezzare accenti razzisti (i cinesi e le donne sono tutti scemi). E non si tratta di fare i moralisti ma quando siamo di fronte a un tale inno alla stupidità dove contano solo le logiche commerciali e di merchandising, è difficile non rimanere interdetti.

 

Ma c’è un altro discorso da fare, che sposta il problema dalle opinioni soggettive all’oggettività. Seppure sia da sempre un enorme product placement (qui lo è la Cina stessa) quello che è certo nel cinema di Bay è che l’esperienza che offrono i suoi film è inscindibile dalla sala cinematografica. I Transformers hanno senso solo al cinema, non possono venire replicati in home video o peggio ancora in un tablet. Quello di Bay è un cinema per i cinema. É per questo forse che i suoi film riempono con costanza le sale cinematografiche. Che lo faccia con un metodo non proprio condivisibile è un altro paio di maniche. Il dato di fatto è che il cinema di Bay è una strada che può essere percorsa. Speriamo però che non sia l’unica.

 

 

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