Felix Herngren – Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

«Inutile preoccuparsi, tanto la vita va come deve andare». Un consiglio, dato dalla madre di Allan in punto di morte che il ragazzo dal quel giorno seguirà per tutta la vita. Specialmente quando deciderà, nel giorno del suo centesimo compleanno di saltare dalla finestra dell’ospizio e intraprendere una esilarante avventura in compagnia di una squadra strampalata almeno quanto lui. L’allegra combriccola si troverà alle prese con una banda di criminali, un poliziotto alle calcagna, una valigia piena di soldi e… un elefante. Un presente spericolato per un passato altrettanto avventuroso, che mano a mano torna, attraverso vari flashback, nei ricordi di Allan: sempre incurante del pericolo ma capace, spesso a sua insaputa, di cambiare il corso della storia arrivando a conoscere personaggi del calibro di Franco, Truman e Stalin, e ad avere un ruolo determinante perfino nella costruzione della bomba atomica.

Un esempio e un messaggio che il giovane regista svedese Felix Herngren segue alla lettera nell’adattare il bestseller che ha venduto 6 milioni di copie nel mondo Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve. Come il vecchietto protagonista della pellicola, anche Herngren sembra non pensare troppo alla struttura narrativa o alla “bella inquadratura”, ma si fa guidare piuttosto dall’istinto e dal cuore, più che dalla testa. Ne risulta un film altalenante e discontinuo ma nonostante questo capace di veicolare una freschezza, una spontaneità e una naturalezza, che a dispetto del tono grottesco e paradossale del libro di partenza, diventano i veri punti di forza del lavoro.

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

Il film gode di trovate comiche eccezionali e il regista si destreggia ottimamente tra i vari registri del film, dal road movie alla comicità slapstick, dall’azione alla black comedy, sfruttando al meglio la vena comica dei protagonisti (in particolar modo il protagonista Robert Gustafsson). Ma se nel film le situazioni e i personaggi sono disegnati benissimo e il ritmo rimane costante in tutti i suoi 113 minuti, il merito è soprattutto del libro di Jonas Jonasson dal quale è stato tratto. Ed è proprio questo il difetto principale della pellicola, ossia quello di limitarsi a trasporre in immagini il testo del romanzo, senza però andare oltre la sua geniale idea di partenza. Una storia che resta imprigionata nel soggetto iniziale del libro e che si ritrova costretta a seguire uno svolgimento obbligato, senza un cambio di passo, senza uno scossone, ma sfruttando quell’idea per tutta la durata del film.

Un difetto che in ogni caso non ne pregiudica la riuscita perchè quello di Herngren resta tuttavia un film semplice, grazioso e perfettamente calibrato che se non altro riesce nell’intento più importante di tutti, ovvero far ridere lo spettatore. E non è una cosa da poco.

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