Tomas Alfredson – Lasciami entrare

Dimentichiamoci per un momento dei vegetariani luccicanti di Twilight. Mettiamo da parte anche gli eleganti e tormentati mostri notturni rappresentati nell’affascinante letteratura di Anne Rice. Il vampiro creato dallo scrittore svedese John Ajvide Lindqvist, protagonista del suo romanzo Lasciami entrare (distribuito dalla Marsilio in Italia) e dell’omonimo film tratto da esso, segue le fondamentali leggi che la maledizione impone al suo corpo: evitare la luce solare, alimentarsi di sangue umano e chiedere il permesso prima di entrare in case private. I classici insegnano che essere vampiro non comporta l’assenza di sentimenti verso il prossimo e la vampira di Lindqvist non fa eccezione. Nella trasposizione cinematografica, diretta da Tomas Alfredson e prodotta in Svezia, la creatura della notte è, come nel libro, una bambina di nome Eli, interpretata dalla brava Lina Leandersson.

Appena trasferita in un sobborgo di Stoccolma (accompagnata da un uomo che la rifornisce di sangue fresco) fa conoscenza con Oskar, timido dodicenne che vive con la madre, in fase di divorzio. Oskar (che ha il volto di un altro giovanissimo attore perfetto nel ruolo, Kåre Hedebrant) è vittima di bullismo da parte di alcuni compagni, non ha la forza di reagire e non ne parla con la madre. Verrà in aiuto Eli, con la quale nasce un’amicizia basata sull’affetto reciproco (anche alimentato dal fatto comune di essere due coetanei “emarginati”) ma destinata ad essere portata avanti con difficoltà, a causa della natura di lei che lui ignora, nonostante lei persista a dichiarare «non sono una ragazza». Eppure la scoperta dell’amore porterà Oskar ad accettare anche una simile, macabra natura (che si manifesta quando la ragazza va in astinenza da sangue) e, assieme, trovare il coraggio di opporsi ai bulli.

A metà strada fra una storia romantica di ragazzi sulla soglia dell’adolescenza e l’horror più sanguinario, Lasciami entrare può essere letto come la storia di una crescita raggiunta attraverso la conoscenza della sessualità e di sentimenti forti (non riservati ai soli adulti) come la vendetta. Il film ha riscosso grande successo, aggiudicandosi premi prestigiosi come il Saturn Award per i film stranieri. Molto si è accresciuta la fama di Lindqvist, lo “Stephen King svedese” che ha dichiarato di aver amato la trasposizione (compreso l’ottimo e fedele remake americano del 2010 firmato Matt Reeves), della quale lui ha curato la sceneggiatura.

Il risultato è un film che non tradisce il libro ma capace di trasferire il contesto nordico della storia in immagini caratterizzate da luci gelide e figure pallide (a partire dalla cinerea Eli) in contrasto con le ombre crepuscolari del nord. Tutto ciò fa da sfondo a una fiaba gotica contemporanea, capace, con il suo sangue e la violenza minorile, di ricordarci che il mondo dell’infanzia ha i suoi mostri da combattere, dentro l’apparente sfera di innocenza che sembra circondarlo.

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