Carl Rinsch – 47 Ronin

Saper scegliere il momento giusto. Per fare un produttore ad Hollywood non serve fare altro. Non che sia facile, è chiaro. Ma investire 170 milioni di dollari per un film ambientato nel Giappone del 1700, con attori nipponici che parlano tutti un inglese stentato e un protagonista che da Matrix in poi è sinonimo di flop al botteghino, non era proprio l’idea del secolo. I problemi però per 47 Ronin sono cominciati ben prima del disastroso weekend di uscita in America dove ha racimolato l’irrisoria cifra di 7 milioni di dollari.

Nato da una sceneggiatura di Chris Morgan, responsabile di 5 dei 7 Fast and Furious (e già qui un pò di sospetti sulla riuscita del film dovevano sorgere), basata sulla famosa rivolta che 47 samurai scatenarono per vendicare la morte del loro maestro, il film ha poi subito diverse riscritture ad opera di Hossein Amini. Memore della sua esperienza con Biancaneve e il Cacciatore, il nuovo sceneggiatore ha così aggiunto alla leggenda dei Ronin una buona dose di magia nera, orchi, draghi, pirati e streghe per renderlo più appetibile ad un pubblico occidentale. Una volta capito che gli attori giapponesi stavano avendo dei problemi con l’inglese (tant’è vero che imparavano le parole foneticamente) il team di scrittori ha aggiunto infine la storia di Kai, un mezzosangue innamorato della figlia del capo che nella leggenda originale non è presente, ed hanno chiamato a raccolta il fido Keanu Reeves. Ma intanto i costi continuavano a salire. Forse troppo per un esordiente alla regia di un grande kolossal come Carl Rinsch (tra i suoi lavori qualche pubblicità e qualche corto).

Tutte premesse che inevitabilmente hanno portato ad un una caduta verso il basso della pellicola, che risente infatti di tutti questi problemi produttivi e di una volontà di correggere un soggetto che all’inizio, forse, non era così male. Sarebbe uno sbaglio quindi non tenere conto della totale mancanza di profondità narrativa e storica, di un generale anacronismo di fondo a tutta l’operazione (il tempo dei film di samurai trasportati in occidente è finito una decina di anni fa), di una parte fantasy che guarda a Hayao Miyazaki ma che scade in una semplice “copia” delle atmosfere alla Game of Thrones e di una confusione tra le troppe anime del film (fantasy, avventura epica, romanticismo, racconto storico ecc).

Peccato però. Perchè tra tutti questi errori Rinsch riesce comunque a farsi notare per le ottime scene d’azione, le coreografie ben curate e una gestione degli effetti visivi veramente notevole. Tutti elementi che sarebbero stati perfetti per un b-movie poco costoso. E forse è proprio questa l’ottica entro la quale il film va inquadrato. Prima però bisogna dimenticarsi che con quello che hanno speso si sarebbe potuto ristrutturare sette volte il Colosseo.

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