Nicolas Winding Refn – Valhalla Rising. Regno di sangue

Piccolo, ermetico gioiello di Nicolas Winding Refn, Valhalla Rising non è un film per tutti. Settima pellicola del regista danese, terza collaborazione con Mads Mikkelsen (dopo i primi due capitoli di Pusher), l’opera mette in scena il processo di redenzione di One-Eye, prigioniero di un gruppo di arcaici vichinghi e costretto a sanguinosi scontri corpo a corpo. Per il resto del tempo, l’uomo (muto e senza un occhio) è rinchiuso in una sorta di gabbia, nutrito da un ragazzino, l’unico a cui risparmia la vita quando, un giorno, decide di liberarsi. Inizia così il suo vagabondare insieme al ragazzo, finché il loro cammino non incrocia quello di alcuni soldati cristiani, diretti verso la Terra Santa.

È proprio questa dicotomia, paganesimo vs cristianesimo, il perno della trama: disorientati da una fitta nebbia, i guerrieri non giungono a Gerusalemme, bensì in una terra che essi identificano con l’Inferno. Nuovi Aguirre del Nord, gli uomini vengono progressivamente decimati, vulnerabili vittime di una natura incontaminata e ostile. In particolare, alcuni dei membri superstiti decidono di imporre il loro credo cristiano sui nativi, fondando una nuova Gerusalemme, convertendo, assoggettando, distruggendo, se necessario. Nel frattempo, One-Eye sceglie di continuare per la sua strada, costantemente guidato da spaventose visioni virate in rosso, finché la sua sorte non giungerà a una drammatica svolta.

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Come si diceva all’inizio, questa non è una pellicola per tutti. Refn gira un film pensato intorno al suo protagonista, come lui esattamente silenzioso, immobile (eppure improvvisamente scattante, dotato di un suo inaspettato dinamismo), e in cui l’ambiente esterno domina, plumbeo, minaccioso. One-Eye è un uomo (che, poi, può essere definito tale?) senza passato, fisicamente indistruttibile, dotato di alcuni poteri – tra cui la telepatia con il suo giovane compagno di viaggio –, che compie un percorso inverso al normale, da dio a essere mortale. Se «l’arte è un atto di violenza», Valhalla Rising è un sunto dell’estetica narrativa del regista danese, dove individui e parole sono ridotti all’osso, la sopravvivenza si baratta col sangue e Madre Natura impone il suo predominio.

Con Valhalla Rising, Winding Refn apre una seconda parte della sua carriera, poi proseguita con Drive e Only God forgives. Lasciatosi alle spalle Frank, Tonny, Milo, piccoli spacciatori e tossici di Copenaghen, e Bronson, il cineasta compie un ulteriore e importante salto di qualità, arrivando a sfiorare il cinema d’essai, tracciando un ritratto crudo e spietato di quella violenza che, fin dalla superba trilogia di Pusher, ha sempre dimostrato di voler indagare a fondo.

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