I Break Horses – Chiaroscuro

Diciamo la verità: non è Hearts fosse un capolavoro. Il primo album degli svedesi I Break Horses, incensato da Pitchfork, era una buona raccolta di canzoni tra pop elettronico e shoegaze, ma niente per cui strapparsi le vesti. Ecco perché affermare che Chiaroscuro, il nuovo disco del duo, non è un granché non è poi questo dramma. E nemmeno, francamente, una delusione.

Maria Lindén e Fredrik Balck hanno scelto di giocare con suoni più che alla moda, un electropop dalle inconfondibii venature dark ma a tratti perfetto anche per le piste da ballo. Pulsazioni minimali, voci in delay, un intarsio certosino di synth, definiscono le impalcature su cui si inalberano le melodie, a dire il vero assai fragili. Languore & mistero sparsi ovunque non bastano a giustificare l’ascolto, insomma. L’impressione è che alcuni brani da soli possano anche funzionare. You burn è almeno intrigante, e il lieve crescendo finale emoziona persino un po’. I suoni di Faith, con quel turbine di beat e i sintetizzatori che sciamano aciduli, neppure sono male, e il luccichio ipnagogico di Ascension (probabilmente il brano migliore) quasi riesce a rinverdire i fasti del primo LP.

Tuttavia, mano a mano che il disco procede, la formula si fa noiosa. Denial ha un che di leggero, tipo Madonna, ma è un synthpop che sulle piste da ballo abbiamo ascoltato e riascoltato dozzine di volte. In Berceuse e soprattutto in Medicine bursh l’umore s’incrina ancora: la prima mette radici su un drone scurissimo, su cui galleggia una drum machine poco incisiva e la solita voce tra lo spettrale e il sensuale della Lindén. Ma è la seconda che mostra (assieme a Heart to know), il vero volto di Chiaroscuro e la vera ambizione degli I Break Horses: un album di elettronica svincolata dalla forma canzone in senso stretto, fatto di suoni ed atmosfere impalpabili, più vicino alla musica strumentale.

La riprova è che i testi non cercano certo di comunicare messaggi profondi («you burn / when words are burning / baby you burn / turn you turn / when the world is turning / baby you turn»). Ma non è il solo equivoco. Il secondo, quello più importante, riguarda il titolo: “Chiaroscuro” indica il contrasto tra luce ed ombra, mentre qui ci si muove piuttosto esclusivamente nello spettro che dal grigio va al nero. La luce manca del tutto, nel senso che manca proprio la lucidità. Diciamo che stavolta gli I Break Horses ci hanno capito pochino: non ne hanno cavato fuori un disco brutto, ma un disco insignificante. Il che, probabilmente, è peggio.

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