Oltre al danno, anche la beffa: la Corte suprema russa ha bocciato la sentenza che ha condannato le Pussy Riot a due anni di carcere.
Secondo i giudici, il tribunale di primo grado che ha pronunciato il giudizio lo scorso agosto, non ha indicato le prove dell’istigazione all’odio, ha negato il differimento della pena malgrado i figli delle condannate siano minorenni e ha ignorato varie attenuanti. Tutto questo alla vigilia dell’amnistia annunciata da Vladimir Putin e a pochi mesi dalla fine dell’espiazione dei due anni di condanna (marzo 2014) di Nadezhda Tolokonnikova e Maria Aliokhina.
La Corte, quindi, ha orginato il riesame della sentenza, ravvisando la possibilità per cancellare o modificare la pena. Nadezhda Tolokonnikova e Maria Aliokhina erano state condannate assieme a Yekaterina Samutsevich per teppismo motivato da odio religioso dopo aver cantato una “preghiera punk” nella cattedrale moscovita del Cristo Salvatore, chiedendo alla Vergine Maria di «cacciare via» l’allora premier Vladimir Putin. La Samutsevich, dopo aver chiesto scusa, ha poi ottenuto gli la libertà condizionata. La Tolokonnikova e la Aliokhina sono tutt’ora detenute in due colonie penali fuori Mosca.