Sönke Wortmann – La papessa

La leggenda narra che nell’855 d.C. una donna, Giovanna, venne eletta papa con il nome di Giovanni VIII.

Secondo quanto raccontato nel film di Sönke Wortmann, Giovanna sarebbe nata in un villaggio tedesco (in realtà era inglese) circondato da boschi. È la figlia del pastore della comunità, un misogino ed estremista religioso, incapace di riconoscere il valore intellettuale della giovane. Tutte le aspettative sono per il figlio Matteo, che però muore adolescente a causa di una malattia; resta il fratello minore, Giovanni, affascinato dalle armi ma scarsamente dotato per quanto riguarda l’apprendimento sui libri. Contro il volere paterno, Giovanna riesce, comunque, ad entrare in una scuola cattedrale, dove conosce il conte Gerold, di cui s’innamora. Con la partenza di Gerold per la guerra, Giovanna si ritrova improvvisamente sola, preda di una triste consapevolezza, ossia che il suo essere donna è un ostacolo alla vita che intende condurre, fuori dagli obblighi tipici del suo sesso (moglie e madre), libera di studiare e di mettere a frutto le sue brillanti doti. Opta così per una soluzione drastica: si traveste da uomo e per anni maschera la sua vera identità, spacciandosi per un monaco benedettino, giungendo fino a Roma, prima come medico del papa e poi come suo successore.

Per la verità, il mito nega che il padre di Giovanna fosse il despota ritratto nel film, anzi, sembra fosse stato proprio lui a spingere per l’educazione della figlia. Ma è molto probabile che il lungometraggio intendesse concentrarsi sin da subito sul concetto che essere donna è un compito difficile, dal momento che consiste nell’avere a che fare con gli uomini (Joseph Conrad). La femmina viene elevata a somma rappresentante della conoscenza, dotata di quel senso pratico (Giovanna è esperta nell’uso delle erbe medicinali) che nell’antichità non veniva riconosciuto al gentil sesso (infatti, le donne venivano considerate esseri inferiori, inadatte a qualsiasi attività che presupponesse l’intelletto, incapaci di apprendere).

Ne La papessa le premesse per un prodotto di qualità formale c’erano tutte, dagli studi condotti sulla leggenda della donna-papa all’esaltazione delle virtù femminili. Eppure, tutto nel film risulta approssimativo, a partire dalla ricostruzione dei luoghi, i quali, al contrario avrebbero dovuto esprimere a loro volta la lotta della protagonista contro il suo stesso destino, contro qualcosa di più forte di lei (la stessa Roma sembra poco più grande del villaggio natale di Giovanna). A sminuire ulteriormente il personaggio è il rapporto con Gerold, ritratto con gli stessi toni che contraddistinguono anche il percorso privato della ragazza: un po’ banale, un po’ scontato, un po’ accennato, ma mai approfondito, come se tutto in lei (dall’infanzia all’epilogo delle sue chimere d’indipendenza) fosse stato lasciato al caso. Senza la giusta cura del dettaglio, senza un’analisi più accurata della psicologia di Giovanna, dei suoi rapporti interpersonali e della cornice entro cui collocare la sua storia, la bontà degli intenti, con cui è stato realizzato questo film, non è stata sufficiente per assegnargli la sufficienza.

 

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