Body/Head – Coming apart

Ci ha messo un po’, Kim Gordon, ad elaborare il lutto – perché una separazione, a volte, può esserlo, soprattutto dopo trent’anni assieme. La sua metà non era una qualunque: Thurston Moore, compagno di avventure nei Sonic Youth. La scoperta del tradimento di lui, nel 2011, è costata la fine del matrimonio e della band. Kim si è chiusa in casa ad ascoltare musica rap/hip hop («davvero ottima quando sei traumatizzata»). Segnali di ripresa, poi un tumore (preso in tempo) al seno e la riscossa, che passa attraverso questo Coming apart, primo album con il nuovo progetto Body/Head, assieme al chitarrista Bill Nace.

Body/Head, corpo e anima: sin dal monicker, è evidente come il duo voglia esplorare l’intersezione tra fisico e spirituale. Il corpo e l’anima, nella fattispecie, sono quelli della donna, entrambi territori di passioni e fantasie estreme, simbolizzate da archetipi quali l’Amante (Last mistress, che è per giunta l’“ultima” amante), l’Assassina (Murderess), l’Attrice (Actress). Il femminile, insomma, è protagonista, con la sua aspirazione alla totalità («I want to touch», da Frontal), che si sposa bene con l’elettricità di una chitarra, quella di Nace, che indulge a reticoli di distorsioni, feedback, droni.

Lo schema alla base dell’album è quello di un’“improvvisazione sceneggiata”, ovvero un approccio istintivo che conserva, tuttavia, sempre un nucleo di pianificazione. Tracce come Last mistress o Actress, con il loro carico d’angoscia che Gordon trasforma in un lamento solenne venato di follia, o come il grumo spaventoso di Can’t help you, affondano le radici nelle terre desolate della no-wave e dei suoi progenitori, i Velvet Undeground. Negano l’elemento ritmico, procedono come al ralenti (Aint è un blues suonato a 1/5 della velocità), incapaci di pensarsi o pensare al mondo se non in termini astratti («I can only think of you in the abstract», dall’opener). L’impatto, però, è innegabilmente fisico: in coda, i 13 minuti di Black (un raga distorto che cita il traditional Black Is the color of my true love’s hair) e i 17 di Frontal (anche qui la chitarra guarda al folk) si fanno portatori di tormenti genuini, alle cui “cattive vibrazioni” è impossibile sottrarsi.

Coming apart, dunque, è la celebrazione del dualismo mente/corpo, l’attestazione della loro scissione e insieme un tentativo di ricomporne l’unità. Malgrado stili e soluzioni sonore siano facilmente riconoscibili, forse persino stereotipate, e il canovaccio complessivo privo di colpi di scena, è impossibile negare all’album dei Body/Head la sua forza espressiva. Un prodotto lucido, e un rientro con i fiocchi per una delle grandi di sempre del rock.

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