Goldfrapp – Tales of us

«Ho letto molto e ho trascorso un sacco di serate al cinema»: è un affermazione importante, questa di Alison Goldfrapp, perché spiega il raffinato storytelling e le suggestioni cinematiche racchiuse dalle dieci tracce di Tales of us, nuovo capitolo dell’avventura discografica della creatura sua e di Will Gregory. Non è un caso, insomma, che l’LP sia stato annunciato come accompagnato da un film, diretto da Lisa Gunning e composto dalle varie clip dei brani.

Altri indizi rivelatori circa la natura dell’album arrivano da versi come «with that smile that says you’ll be killing me / tenderly» o «born a mistery, you’re the in-between, boy or girl» (da Stranger), che intrecciano alcuni temi-chiave: amore, morte, il sesso e la ricerca della propria identità. Tutte cose che Alison e Will hanno affrontato in altre circostanze, ma Tales of us ha qualcosa diverso: per la prima volta dagli esordi, i Goldfrapp sembrano voler fare a meno, definitivamente e senza mezze misure, del pop glam ed elettronico alle cui sirene hanno ceduto in passato (vedi Supernature). Folk, classica, dream-pop: stavolta sono queste le sacche sonore da cui il duo attinge per dar vita ai suoi mini film un po’ allucinati e un po’ fiabeschi. Giusto per fare qualche nome, i Cocteau Twins, Scott Walker (al quale, del resto, la Goldfrapp ha più volte fatto riferimento come ad un’ispirazione fondamentale), ma anche Morricone.

Jo, ad esempio, apre con un fascio d’archi, che via via interagisce con un rintocco meccanico di piano e una linea di basso. Le architetture sono mimimali, e su tutto svetta la voce di Alison, un sussurro malinconico e soave, all’occorrenza sensuale (Drew). Alvar gioca con un folk di stampo British, caricandolo progressivamente di echi psichedelici con una traiettoria in crescendo. “Retrò” è la parola chiave, ma senza tentazioni reazionarie: Stranger, ad esempio, affonda il suo languore nelle trame old school di John Barry e Nancy Sinatra, ma con una naturalezza (e, a tratti, una maestà) che ne fanno un prodotto sorprendentemente contemporaneo.

Tutto Tales of us si svolge sotto una cappa fumosa: anche quando si rimette in moto la drum machine (Thea), i riverberi, le dilatazioni, i falsetti struggenti hanno la meglio. Non c’è però contrasto con il dramma polveroso e desolato di Laurel e con il crescendo estatico di Clay: la narrazione di Tales of us è stilisticamente coerente, compatta, in grado persino di far passare in secondo piano la sostanziale non-novità di melodie e arrangiamenti.

I Goldfrapp potrebbero aver definitivamente riposto nell’armadio i lustrini e paillettes anni ’80. Tales of us sembra aprire ad un secondo tempo di carriera “adulto”, se non lontano dall’electropop, almeno in grado di svilupparlo in forme più compiute ed intriganti, meno stucchevoli. Dipenderà tutto da Alison, e da quante serate ancora trascorrerà al cinema…

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie