Wim Wenders – Così lontano, così vicino!

«Voi, voi che noi amiamo, voi non ci vedete, non ci sentite. Ci credete molto lontani, eppure siamo così vicini…»: comincia così, con questa malinconica riflessione dell’angelo Cassiel, Così lontano, così vicino!, il film con cui Wim Wenders riprende il discorso iniziato con il capolavoro Il cielo sopra Berlino (1987). In una città non più divisa dal Muro ma ugualmente malinconica, pervasa da un senso di abbandono, gli angeli ascoltano i pensieri degli uomini. Nel film precedente, Damiel era diventato mortale per amore di Marion (i due ora sono sposati, gestiscono una pizzeria ed hanno una figlia); adesso è Cassiel ad avvertire il desiderio di una vita terrena. L’occasione gli capita quando, per caso, salva dalla morte la piccola Raissa (la bimba s’era affacciata ad un balcone, precipitando): il gesto trasforma immediatamente Cassiel in un uomo.

Privato dei suoi poteri, l’ex angelo si trova a vagare in un mondo squallido, corrotto. Smarrito, incapace di distinguere il bene dal male, Cassiel viene subito irretito dal malvagio Emit Flesti e da questi introdotto all’alcool, al gioco d’azzardo e al crimine. In realtà, Flesti è il Tempo (Emit Flesti, al contrario, è “time itself”, “il tempo stesso”): su richiesta dell’angelo Raphaela, permetterà a Cassiel di capire cosa voglia dire essere mortali. Il protagonista, intanto, si lega ad un trafficante d’armi e di pornografia, Anton Baker (in realtà, lo zio di Raissa, fuggito negli USA assieme al padre dopo la fine della guerra), ignorandone però i loschi traffici. Quando la verità verrà a galla, l’ex angelo si sacrificherà per salvare la piccola, nel frattempo rapita, assieme alla madre, Anna, dal boss della mafia russa Patzke, nemico di Baker.

Wenders disegna un’altra parabola filosofeggiante e visionaria, che racconta di una Berlino (e di un’Europa) appena uscite dalla Guerra Fredda ma ancora ferite, popolate di un’umanità insensata. Cassiel si muove a ritroso nel tempo, imbattendosi in Gorbačëv e osservando la Germania dilaniata dalla guerra: ecco, dunque, la Storia, con il suo carico di dolore. Wenders alterna il bianco e nero (gli angeli sono fuori dal tempo, dalla vita) al colore (dopo la trasformazione di Cassiel), il lirismo all’avventura, e segue il suo protagonista mentre sperimenta le contraddizioni dell’esistenza umana, tra citazioni colte, riflessioni su vita e arte (i cameo di Peter Falk e Lou Reed, nei panni di se stessi) e virtuosismi. Cassiel muore, ma “solo” nel senso terrestre: nel finale, Damiel ne percepisce la presenza angelica, finalmente felice. Al film, invece, manca la sceneggiatura di Peter Handke: anche qui, però, niente di irrimediabile. Grand Prix della giuria a Cannes (1993).

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