Vittorio De Sica – Matrimonio all’italiana

Matrimonio all’italiana è la trasposizione cinematografica della commedia teatrale Filumena Marturano (1946) di Eduardo De Filippo. Filumena è un’ex prostituta, legata da vent’anni al facoltoso Domenico Soriano. Dal momento che l’uomo non vuole prendersi delle responsabilità e la tratta come una domestica, Filumena finge un malore, chiedendo a Domenico di sposarla prima di morire: egli accetta e la donna, a cose fatte, si alza dal letto, svelando il suo imbroglio. Domenico pretende l’annullamento del vincolo e Filumena gli confessa che il suo stratagemma era volto a garantire una stabilità economica a lei e ai suoi tre figli – della cui esistenza Domenico era all’oscuro. Il problema è che uno dei ragazzi è proprio figlio suo, ma Filumena non vuole rivelargli quale, poiché di certo Domenico lo preferirebbe agli altri due, mentre è necessario evitare qualsiasi rivalità tra fratelli.

Il film di Vittorio De Sica è una riflessione sulla società borghese del Belpaese, soprattutto sui suoi vizi e paure. Nel 1961, Marcello Mastroianni aveva vestito i panni del barone Fefé in Divorzio all’italiana di Pietro Germi, pellicola che considera un ulteriore spaccato della realtà nostrana, poco propensa alla legalità e bendisposta alle scorciatoie, favorevole al delitto d’onore, ma ancora lontana da una legge sul divorzio. Filumena è il prototipo dell’italiano medio, che mira a raggiungere un obbiettivo con astuzia e giocando anche un po’ sporco: grazie a un piano raffinato riesce a far capitolare l’amante volubile anche se, in realtà, alla base delle sue azioni c’è un sentimento sincero nei confronti di Domenico, il quale crede nella famiglia tradizionale e non accetta l’idea di mettersi in casa, come moglie, una che faceva il mestiere più antico del mondo, tanto meno crescere dei figli illegittimi.

Sophia Loren offre il ritratto di una donna a cui la vita non ha regalato nulla, genuina e verace, ma nel contempo dolce, fragile, capace di muovere a compassione. Una notte, alla fine di una “prestazione” in cui Filumena volle amarlo davvero, senza che lui se ne rendesse conto, Domenico la ricompensa con le solite cento lire. L’uomo non sa che lei è rimasta incinta e che ha conservato quella banconota, sulla quale ha segnato la data del concepimento. Anni dopo, quando ha riunito i suoi ragazzi e il matrimonio estorto sembra essere arrivato al capolinea, Filumena strappa il piccolo lembo con la data, cosicché Domenico non possa scoprire l’identità di suo figlio, e gli restituisce la parte non scritta di quelle cento lire. Perché i figli non si pagano.

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