Sam Raimi – La casa

Il punto di partenza per La casa è un corto in Super 8, Within the woods, che Sam Raimi aveva realizzato nel 1978 assieme all’amico Bruce Campbell. La vicenda narrata è piuttosto semplice. Ash (Campbell) Scott, Cheryl (Ellen Sandweiss, anch’essa in Within the woods), Linda e Shelly sono in viaggio. Hanno intenzione di trascorrere qualche giorno di vacanza in una vecchia baita di montagna. Qui, nello scantinato, s’imbattono in un misterioso libro, con la copertina che ritrae, in altorilievo, un volto mostruoso. Ascoltando un nastro registrato dal precedente inquilino della casa, un archeologo, vengono a sapere che si tratta del Libro della Morte degli antichi sumeri, un testo contenente gli incantesimi per richiamare in vita malvagi demoni. Una di queste formule è stata incisa dal professore sulla cassetta: ascoltandola, i ragazzi risvegliano involontariamente uno spirito maligno.

A discapito del budget poco più che ridicolo (375.000 dollari), degli effetti speciali artigianali e delle location “familiari” (la “casa” è uno chalet abbandonato, la cantina è quella dell’abitazione di Raimi), The evil dead è un film brillante, originale, tanto sul versante estetico che su quello concettuale. Raimi mette in scena una sarabanda di possessioni, boschi che prendono vita e orrende mutilazioni adoperando un registro totalmente anti-naturalistico (vedasi la recitazioni straniata di Campbell): l’insieme è eccessivo, al punto tale da risultare terribilmente (è il caso di dirlo) divertente. Per contro, la sovrabbondanza di citazioni (dagli zombie di Romero al Necronomicon di Lovecraft, passando per L’esorcista di Friedkin) e l’utilizzo dei topoi classici del cinema horror (la baita nel bosco, il “libro dei morti”, la possessione) fanno de La casa un perfetto esempio di metacinema. Ciliegina sulla torta, un impianto filmico tutt’altro che banale, contraddistinto da un montaggio serrato e dalle traiettorie ampie e rapide della macchina da presa ottenute grazie alla “shakeycam”, di invenzione dello stesso Raimi, una sorta steadycam ma montata su un supporto mobile, in grado di riprodurre i tremolii ed i sobbalzi caratteristici della camera a mano.

Capolavoro di iperbole grottesca e parodia, La casa è dunque lungi dall’essere un banale divertissement, ponendosi piuttosto come un saggio postmoderno sul cinema di genere, una specie di blob filmico che ingloba cliché e li rimodella, restituendoli a nuova, splendente vita.

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