Don DeLillo – Cosmopolis

Una lucida, meravigliosa, abbagliante confusione; è questa l’immagine che Cosmopolis trasmette al lettore. Il libro, pubblicato per la prima volta nel 2003, sembra aver anticipato di quasi un decennio gli eventi che si stanno susseguendo negli ultimi mesi: la crisi finanziaria mondiale, i movimenti di piazza negli Stati Uniti (che non si vedevano da decenni), ma soprattutto la spietatezza e il disincanto dei suoi personaggi, un vero manifesto dell’umanità che verrà: «l’omicidio è la logica continuazione degli affari».

Eric Packer, il protagonista, è uno stravagante miliardario ventottenne (ha uno squalo come animale domestico) con problemi d’insonnia. Durante l’ennesima notte di solitudine e riflessione, decide di andare a tagliarsi i capelli: per farlo, dovrà attraversare con la sua limousine bianca, lunga dieci metri, una metropoli in subbuglio per la visita del Presidente, a dispetto di una minaccia attendibile alla sua incolumità che gli viene riferita dal capo della sua sicurezza.

Eric appare subito un personaggio fuori dal comune: geniale, brillante, cinico, tratta l’umanità e la vita come una serie di numeri da catalogare e analizzare; sembra in perfetto controllo della sua esistenza e di quella degli altri. Quello che farà nel corso della narrazione, però, sarà tentare di demolirsi sia finanziariamente, attraverso una serie di operazioni sballate, sia umanamente, andando volontariamente incontro all’uomo che ha deciso di ucciderlo. Il viaggio di Eric verso il suo barbiere di fiducia (un vecchio amico del padre che gli racconta ogni volta la stessa storia) diventa una lenta discesa verso gli inferi: la limousine è costretta dalla folla a procedere a passo d’uomo e rimarrà più volte intrappolata proprio dalle surreali manifestazioni che incontrerà lungo la sua strada.

Cosmopolis è l’allucinogeno prodotto della drammatica visione della modernità di DeLillo, una sorta di spirale autodistruttiva in cui i sentimenti non trovano spazio ma sono sentiti come disperatamente mancanti. Lo si evince dall’atteggiamento che ha Eric nei confronti della moglie e dell’assassino: la prima viene continuamente analizzata nel tentativo di trovare qualcosa per cui amarla, il secondo viene cercato, quasi invocato, e nel momento in cui sembrerebbe non esistere, Eric cade nello sconforto: la morte non è infatti un problema per Eric, dato che è convinto di poter continuare a esistere sotto forma cibernetica.

Quello che Eric vuole è dunque poter sentire, vuole capire ed essere quello che ha sempre rinnegato: umano.

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