Mike Leigh – Segreti e bugie

Alla morte della madre adottiva, Hortense, una giovane donna di colore, decide di ritrovare quella naturale. Dopo molte ricerche, scoprirà con grande sorpresa che si tratta di Cynthia, un’operaia bianca, la quale vive in condizioni piuttosto squallide insieme a Roxanne, la rozza figlia ventenne. Nel triste quadro famigliare si inserisce anche il fratello di Cynthia, Maurice, fotografo, sposato, senza figli. Fra Hortense e Cynthia nascerà pian piano un rapporto destinato a cambiare non solo le loro vite, ma anche quelle di tutte le persone a loro vicine.

Mike Leigh, Leone d’oro a Venezia nel 2004 con Il segreto di Vera Drake, è il regista di questo piccolo gioiellino, Palma d’oro e premio per la migliore interpretazione femminile (Brenda Blethyn) a Cannes 49, nel 1996. In Segreti e bugie i luoghi comuni su etnia e classe d’appartenenza vengono rivisitati e capovolti: Hortense è nera, brillante, colta, con un buon impiego, mentre la bianca Cynthia è povera, insicura e goffa.

Quello di Mike Leigh è un film sulla gente comune, prigioniera della solitudine, delle paure, delle piccole frustrazioni quotidiane: i protagonisti di Segreti e bugie soffrono e vivono la loro insoddisfazione esistenziale anche nell’aspetto fisico, appesantito, sciatto, specchio di individui che si trascinano con stanchezza un giorno dopo l’altro. Un cinema realista, che, con minuzia scientifica, osserva dall’esterno, senza giudicare, senza cercare di alleggerire colpe, errori e mancanze, limitandosi semplicemente a riproporli a un pubblico che si ritrova immerso nelle vie di una Londra di periferia, lontana da quella pittoresca ritratta da Roger Michell in Nothing Hill e forse più vicina alla Glasgow di Red road (Andrea Arnold, 2006).

Una pellicola in parte amara, una comédie humaine in cui si muovono personaggi schiavi della propria inettitudine, del castello di segreti e bugie su cui hanno costruito la loro esistenza, nella speranza di dare alla loro vita una parvenza di normalità. Splendida l’interpretazione della Blethyn, la quale riesce a donare spessore e dignità a una donna intellettualmente mediocre, segnata da anni di dispiaceri e confusa, che scopre nella figlia ritrovata un modo per prendere coscienza di sé e della possibilità di un riscatto personale.

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