Marco Peano – L’invenzione della madre

A metterti a disagio ne L’invenzione della madre, romanzo autobiografico d’esordio dell’editor Marco Peano, è lo sforzo di rattenere il dolore e nel contempo di dargli sfogo: è come se ti trovassi nella sala d’aspetto d’un ospedale e uno sconosciuto, reprimendo la commozione, ti confidasse gli ultimi mesi accanto alla madre malata terminale di cancro, informandoti su ogni dettaglio, compresi quelli più sgradevoli e sconcertanti.

Ti viene allora spontaneo chiederti la ragione per cui, essendo il libro autobiografico, Mattia, il figlio venticinquenne della donna inferma, affidi ad una voce anonima l’onere di raccontare la sua esperienza devastante assumendo però la sua stessa prospettiva. Quali sono le emozioni che lo scrittore esige da te lettore? Ovvio che si tratta di qualcosa di più e di diverso dall’esperimento di uno scrittore intenzionato a sperimentare il punto estremo di verità a cui può spingersi la letteratura. Altrettanto ovvio che tu lettore centri fino a un centro punto e che l’autore non cerca in te una spalla su cui piangere: L’invenzione della madre nasce piuttosto dall’urgenza di chi usa la scrittura in modo terapeutico per fare i conti con quello che sopravvive o cambia di sé dopo il trauma. Dunque una scrittura che necessariamente si colloca alla frontiera fra il documento oggettivo e il romanzo di formazione. Pertanto elenchi di medicinali e dati clinici interferiscono con il coinvolgimento emotivo sia di chi vive l’evento sia di chi l’evento lo riprende, spostando di continuo una macchina da presa immaginaria nei luoghi dove la tragedia si svolge. Non è un caso che la professione di Mattia sia il cinema. Peano disturba il racconto con l’intrusione della figura di regista narratore, ma la sua tecnica va oltre il cinema: anzi è fotografando la realtà che si scopre che essa non sta «nelle immagini… bensì nelle parole».

La parola infatti porta alla luce l’invisibile, inventa nel senso etimologico cioè scopre. La realtà non è univoca, non c’è obiettivo che possa definirla. Proprio nella dialettica fra sguardo e parola, fra la registrazione dei fatti e il riflesso dei medesimi in parentesi, senti il cuore vivo del libro: l’automatismo dei gesti, la quotidianità del malato e di chi lo assiste assume una normalità da teatro dell’assurdo, ma è nella logica dell’assurdo, in ciò ciò che sta nella parentesi, nell’a parte del capocomico nascosto, ovvero nella sistematica cancellazione di sé, di luoghi e persone, che Peano ritrova il colloquio con se stesso e con colei che se n’è andata, ovunque essa sia.

ISBN
9788875216337
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