Alejandro González Iñárritu – Biutiful

Con il film Babel (2006) si chiude la cosiddetta “Trilogia della morte” del regista Alejandro González Iñarritu, frutto di una fortunata collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga. Il film successivo è del 2010 e inaugura una nuova fase della carriera del regista: a partire dal film in questione, Biutiful, cessa infatti la collaborazione con Arriaga, che aveva dato forma a tre film legati assieme da alcuni toni narrativi e temi comuni, cari allo sceneggiatore. Su tutti, la rappresentazione drammatica dell’uomo posto di fronte alla morte, che è l’assoluta protagonista di queste prime opere. Questo aspetto non viene abbandonato dal regista, che infatti rievoca quelli stessi toni drammatici in Biutiful, con la differenza sostanziale dovuta al fatto che l’attenzione, per la prima volta nella sua filmografia (fino ad ora si è occupata di storie e destini incrociati), si concentra su un solo nucleo familiare ed in particolare su un personaggio, Uxbal.

 

Il film è ambientato nella periferia di una irriconoscibile Barcellona, immagine di un degrado urbano che fornisce un adatto sfondo alle vicende narrate. Uxbal è padre di due figli piccoli e vive separato dalla moglie, Marambra, donna con problemi di alcolismo e bipolare. Uxbal deve badare ai bambini, respingendo in un primo momento i tentativi di riavvicinamento della ex (apparentemente disintossicata), ma si trova di fronte ad alcune opprimenti difficoltà. Innanzitutto il lavoro, che gli procura grande stress e lo mette in rapporti scomodi con la polizia, dato che si occupa di trovare lavoro a immigrati clandestini.

 

 

La storia di quest’uomo, che presenta alcuni momenti di realismo “magico” (Uxbal sembra poter comunicare con i defunti), è narrata con un tono crudo e pessimistico, una caratteristica che sembra essere ormai consolidata nello stile filmico di Iñarritu; spesso nei suoi film è la stessa morte, sotto le più diverse forme, a manipolare le vite dei personaggi e Uxbal non fa eccezione: tra problemi finanziari, umani e di legalità, l’uomo deve fronteggiare anche un male privato, un tumore in stato avanzato che gli concede solo pochi mesi di vita. Uxbal decide di sfruttare questo sottile lasso temporale per sistemare al meglio la sua famiglia e i lavoratori.

 

Biutiful è un film dai toni intensamente drammatici, girato con maestria e accompagnato da una colonna sonora (del compositore argentino Gustavo Santaolalla) capace di essere all’altezza dell’intensità dell’opera, assieme alla cinematografia. Rispetto alle opere precedenti, il filo narrativo è lineare (il pathos è costruito con più efficacia) anche se il regista sceglie di far coincidere la scena iniziale con quella conclusiva, una soluzione che in fondo non aggiunge nulla all’epilogo (semmai lo priva di una certa potenza emotiva). Iñarritu punta dunque nuovamente sul genere drammatico, una scelta da un lato positiva, in quanto il regista si è dimostrato capace di dipingere i sentimenti umani con abilità e un certo realismo che lo caratterizza sin dalle prime opere, ma che inizia forse a rivelare una certa stanchezza creativa. Quel che salva il film dall’essere un’opera scontata è nuovamente (come già accadeva in 21 grammi e Babel) la bravura degli attori, in particolare di Javier Bardem, interprete di Uxbal, nominato all’Oscar: senza la sua interpretazione patetica, Biutiful non avrebbe la stessa forza emotiva, che nasce più dal corpo e dall’espressione del bravissimo Bardem che non dalla sceneggiatura.

 

 

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