Alejandro González Iñárritu – 21 grammi

«Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso. Nessuno escluso. Ma quanto c’è in 21 grammi? Quanto va perduto?» Parole pronunciate da Paul, uno dei protagonisti di 21 grammi, secondo lungometraggio del regista Alejandro González Iñarritu. Questo personaggio, interpretato da un bravo Sean Penn, vede il suo destino intrecciarsi a quello di un altro uomo e di una donna: Jack (Benicio Del Toro), ex carcerato dedito ad una rigida osservanza della dottrina cristiana (che insegna con durezza ai suoi figli) e Cristina (Naomi Watts), madre con un passato da cocainomane. L’intreccio narrativo prende il via con un incidente stradale, nel quale muoiono le figlie e il marito di Cristina: al volante c’è Jack, ubriaco. Ma l’incidente si rivela salvifico per Paul, malato di cuore: gli viene trapiantato l’organo del marito di Cristina, che gli permette di tornare in salute e riprendere la relazione con Mary (Charlotte Gainsbourg). Ma il fato tornerà inevitabilmente a far incrociare le vite di questi uomini e donne ponendoli uno di fronte all’altro, chi camminando sulla strada della vendetta (Cristina), chi cercando di trovare redenzione in un Dio assente (Jack), chi vincolato dalla necessità di dimostrare il proprio amore al suo salvatore (Paul).

Assieme al film d’esordio Amores perros e Babel, 21 grammi si colloca in quella che è stata propriamente definita la “Trilogia della Morte”, scritta da Guillermo Arriaga e diretta da Iñarritu. La morte è qui in effetti la vera protagonista e come una sorta di spettro aleggia sulle figure dei personaggi per l’intera durata (forse un po’ eccessiva) del film: Jack deve affrontarla dal punto di vista dell’omicida, Paul è costantemente minacciato da essa a causa della sua malattia cardiaca, Cristina ne sente il peso a causa del suo lutto e Mary vi si accosta attraverso l’esperienza dell’aborto.

La triste storia di questi destini incrociati è raccontata dal regista con uno stile frammentato, caratterizzato dall’uso di continui flashback e flashforward che però hanno l’effetto negativo di sottrarre pathos alla narrazione, anticipando il finale del film e collocando scene dotate di un certo peso emotivo tra sequenze non correlate. Non è dunque la scelta registica di Iñarritu (marchio di fabbrica comune a tutte le sue prime opere) a garantire al film la sua forza espressiva ed il cupo tono di fondo, supportati invece dalle interpretazioni straordinarie dei tre attori principali, che hanno portato il film a ricevere due nomination all’Oscar nella categoria dell’attrice protagonista (Watts) e dell’attore non protagonista (Del Toro): i pochi grammi del titolo pesano come una tonnellata sui corpi di questi grandi attori, che si rivelano capaci di interpretare con agghiacciante realismo un ruolo drammatico di alto livello.

Il film tratta della discesa in un inferno terreno, attraverso la rappresentazione dei ritratti di questi uomini condotti alla disperazione, sia che cerchino conforto nella fede, sia che tentino di risanare le ferite con l’amore. La perdita di ciascun personaggio si rivela pesare molto più dell’esile cifra indicata dal titolo (un riferimento alla teoria del medico MacDougall sul “peso dell’anima”) e questo peso, anche se smorzato dalla (antipatetica?) frammentazione narrativa, si scaglia con durezza contro lo spettatore. Il film ha però i suoi limiti: 21 grammi dipende forse eccessivamente dalla bravura dei suoi interpreti, i soli a mantenere interessante una narrazione che, altrimenti, non offrirebbe nulla che non si sia già visto al cinema.

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