Sabina Guzzanti – La trattativa

Può capitare di trovarsi ad assistere all’interno dello stesso festival di cinema (Venezia) alla proiezione di tre film italiani, Belluscone, Italy in a day e La trattativa. Tre lavori che solo inizialmente si possono classificare sotto la categoria “documentari” per poi assumere svariati significati e prendere strade diverse. Tre prodotti che nel bene e nel male hanno di fondo un argomento in comune: gli italiani. Il film di Franco Maresco si cala nella realtà siciliana raccontando i simultanei fallimenti di Ciccio Mira, di Silvio Berlusconi e del regista stesso, all’interno di un cortocircuito cinematografico tale da rendere il dato documentaristico quasi superfluo. Quello di Gabriele Salvatores è invece un encomiabile lavoro di montaggio realizzato sfruttando il desiderio “social” degli italiani e facendone in questo modo un ritratto superficiale e fin troppo ottimistico, dove fa da padrone l’amore delle persone verso i bambini e gli animali domestici.

La trattativa, quinto documentario di Sabina Guzzanti dopo la considerazione raggiunta con Viva Zapatero! e Draquila – L’Italia che trema, è il lavoro più maturo e coraggioso della regista romana. Non solo per gli spinosi argomenti trattati ma anche per l’aver saputo trovare una formula cinematografica inedita e quasi “sperimentale” per il racconto dei fatti. Il film della Guzzanti si colloca nella prima metà degli anni ’90, periodo in cui la tensione sociale dovuta alla terribile ondata di stragi e attentati compiuti dalle mafie si fece intollerabile. Iniziarono a nascere pericolose ideologie politiche e lo spettro di una guerra tra le istituzioni e la criminalità divenne così concreto da indurre lo Stato, questa è la tesi, ad entrare in trattativa con la mafia per stipulare un accordo che prevedesse vantaggi da entrambe le parti: le cosche accettavano di porre un freno agli assassinii alla condizione di ottenere privilegi e “trattamenti di favore” da parte degli organismi statali. Un patto segreto sottoscritto da politici, poliziotti, segretari e mafiosi che tuttavia, ancora oggi, non ha niente di ufficiale, nonostante le centinaia di processi, documenti, dichiarazioni e interviste autenticati, tutti rigettati non perchè il fatto non sussista, ma perchè “non costituisce reato”.

Una pagina dolorosa, quella aperta dalla Guzzanti, che ha il merito di riassumere in immagini uno dei casi irrisolti della società italiana con grande trasporto, grande chiarezza espositiva e senza schierarsi politicamente. Un film didattico che però non si risparmia l’ardire di sperimentare un linguaggio cinematografico originale in grado di mescolare in un unico prodotto la fiction, il teatro, l’animazione, l’inchiesta televisiva, le immagini di repertorio, le interviste, le musiche di Nicola Piovani, la fotografia di Daniele Ciprì, rimanendo al tempo stesso sempre ancorato ai fatti e ai documenti scritti.

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