Milano Film Festival: Mirage à l'italienne racconta la crisi (di valori) nel Belpaese

“Sogni un lavoro? L’Alaska ti aspetta!”. Così recitava un annuncio che Alessandra Celesia, regista di Mirage à l’italienne, lesse in un tram di Torino, nel 1995. Qualche anno dopo, trasformò questo slogan in un film.

Il documentario racconta la storia di cinque italiani in cerca di opportunità all’estero. Sono cinque vite molto diverse, eppure accomunate dal desiderio di lasciare un paese in cui non trovano una giusta collocazione e dove si sono persi (o a loro volta non trovano il loro posto) i valori importanti. C’è Giovanna, cinquantenne tossica; il meccanico omosessuale; l’attrice che campa con lavoretti saltuari; chi ha perso un figlio e, infine, l’ex militare che vive con la nonna.

La Celesia segue queste cinque persone «dai colloqui tenuti dalla Yakutat Seafood, sino all’arrivo nella terra promessa in un paesino che conta 662 residenti». Ma, una volta giunti a destinazione, l’Alaska riserva loro delle sorprese inaspettate, e allora ciascuno dovrà fare delle scelte.

Una storia che non racconta di ragazzi che decidono di andare a Londra o Berlino, ma di persone adulte, con un lungo trascorso alle spalle, alle volte anche molto doloroso, con la necessità di ricominciare da zero, in una terra di confine come l’Alaska, dove è più difficile, ma anche necessario, mettersi alla prova.

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