Ray Bradbury – Fahrenheit 451

«Era un piacere appiccare il fuoco»: l’incipit di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury è di quelli che fanno male. Siamo in un futuro imprecisato, al governo c’è ancora un presidente (ma scelto sulla base di canoni estetici), sullo sfondo l’immancabile guerra “finale”: non ci sono “grandi fratelli” o scienziati intenti ai miracoli dell’eugenetica, ma una dittatura morbida, che si esplica con l’onnipresenza della tv, la sola fonte di approvvigionamento delle informazioni consentita. La vita del pompiere Guy Montag, dunque, al di là dell’occasionale brivido di ridurre le storie (e quindi la Storia) a un cumulo di cenere (i pompieri lì i libri li bruciano), si trascina assai piatta, contesa tra una lavoro routinario e un ménage coniugale arido, contrappuntata ossessivamente da monitor e spot.

Per questo a Guy sembra così strana la felicità di Clarisse e della sua famiglia, suoi vicini di casa e lettori “clandestini”: perché in mondo in cui i libri sono occultati e, se scoperti, bruciati, non può che essere triste. La “dittatura” del televisore condanna l’umanità ad una contingenza arida, soffocante: «vi dice lui quello che dovete pensare, e ve lo dice con voce di tuono. Deve avere ragione, vi dite: sembra talmente che l’abbia!». Non è un caso, ovviamente, che nel futuro di Fahrenheit 451 sia socialmente prescritto un ampio uso di antidepressivi e stupefacenti. A Montag però basta poco, la lettura di qualche riga: gli si apre un mondo, quello vero, in cui lui è un ometto infelice e tutti, intorno, «soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive». Guy si ribella: arde vivo un superiore, il capitano Beatty, e fugge. Sulle rive del fiume, si imbatte una comunità di resistenti, uomini-libro che hanno imparato a memoria le pagine dei capolavori della letteratura.

La tradizione orale, insomma, baluardo ultimo per la difesa del canone occidentale, minacciato dallo strapotere della televisione in una società tecnologica. È da qui, dal ricordo, che si può ripartire, con una nota di ottimismo sconosciuta a 1984 di Orwell e a Il mondo nuovo di Huxley (le altre due distopie “classiche”). Alla lunga, gli uomini-libro ne sono convinti, ricorderanno talmente tante cose da poter scavare una fossa in cui “seppellire” la guerra.

Sorretto da una prosa ricca, vibrante, Fahrenheit 451 (a proposito: è la temperatura alla quale brucia la carta) ipotizza un futuro per dare consistenza alle inquietudini presenti dell’uomo e intellettuale Bradbury (il maccartismo, la Guerra fredda, l’esplosione dell’intrattenimento tv). Così facendo, anticipa tante ombre successive, soprattutto mette ancora oggi in guardia dai rischi del “sonno” della cultura: le risposte che cerchiamo, non sono tutte al di là di uno schermo.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie