Fabi Silvestri Gazzè – Il padrone della festa

Ancora prima di arrivare nei negozi, Il padrone della festa di Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri, era un successo. Il 10 settembre, sei giorni prima della release “fisica”, l’album era stato reso disponibile in streaming su TIMmusic: risultato, 40.000 ascolti in 24 ore, il record della piattaforma. Probabilmente, per Il padrone della festa l’insuccesso era da scartare a propri come opzione, vista la caratura dei nomi coinvolti, tuttavia il risultato conferma ancora come, a distanza di anni, malgrado le mode e tutti i “post” del mondo, siamo ancora qui a parlare di cantautori.

L’idea per Il padrone della festa («il nostro Banana republic») nasce da un viaggio in Sud Sudan dei tre musicisti di qualche anno fa, ma ha radici ancora più lontane, negli anni ’90, quando Fabi, Silvestri e Gazzè muovevano i primi passi nel mondo della musica e imparavano a conoscersi e stimarsi come artisti. Fra i tre, le assonanze ci sono sempre state: la scrittura brillante, ironica, attenta al sociale, ricercata; il mix di pop, folk e un pizzico (ma proprio un pizzico) di sperimentazione. Ecco perché Il padrone della festa fila via dritto, compatto, come se fosse firmato da una mano sola – e questo malgrado anche il numero di ospiti coinvolti, da Paolo Fresu a Roberto Angelini ad Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion, passando per Piero Monterisi, Fabio Rondanini dei Calibro 35 e Jose Ramon Caraballo Armas della Bandabardò.

L’equilibrio non impedisce che emergano spunti diversi, magari ascrivibili più ad uno che agli altri due. Per esempio, Alzo le mani punta su una chitarra acustica in levare e un delicato pianoforte jazz per costruire una singolare dichiarazione di impotenza della musica, che rimane sempre al di sotto della vita («Posso giocare, intrattenere, far tornare il buonumore o lacrimare / ma non suonerò mai così»). Gli aromi “latin” di Spigolo tondo rimandano a certe cose di Silvestri, mentre Life is sweet è il pezzo più “gazzèiano” della raccolta, un motivetto elettronico in crescendo condito dall’orchestra. L’amore non esiste, invece, deve forse qualcosa più a Fabi, mentre Arsenico si dispiega lenta tra fiati malinconici e tentazioni sinfonicheGiovanni sulla terra la butta sul folk (con qualche eco anni ’70), Zona Cesarini ha un placido andamento jazzato, e L’avversario, con una robusta chitarra elettrica, inflessioni disco music e un refrain corale, sembra quasi un simpatico rimpallo tra i tre, intenti a rinfacciarsi reciprocamente tare e tic stilistici («Tu invece usi soltanto dei paroloni / che nemmeno hai scritto tu»).

Il padrone della festa è un disco che parla di precarietà esistenziale, di un mondo nel quale le certezze si frantumano e in cui anche «l’amore non esiste». Un disco che richiama alla necessità di “ribellarsi” alla statistica, scoprire la bellezza delle piccole cose, sovvertire gli schemi del potere e riaffermare il futuro (la title-track: «Voglio che le cariche importanti / dove si decide per il mondo / vengano assegnate solo a donne / madri di figli»). Lo fa ovviamente a modo suo, cioè nel modo solito di Fabi, Gazzè e Silvestri: tante buone intenzioni, melodie gradevoli ma poco coraggio, soprattutto in termini di arrangiamento e produzione. Ah, questi cantautori…

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie