Carlo Vanzina – Sotto il vestito niente

Bob Crane è un ranger americano, che parte per l’Italia dopo aver avuto la sensazione che la sorella gemella, Jessica, fosse in pericolo (dice di essere in contatto telepatico con lei e ha sognato che qualcuno la uccideva con un paio di forbici). Giunto nel Belpaese scopre, in effetti, che a Jessica qualcosa è successo: la ragazza, famosa top model, è scomparsa. Bob, non ricevendo alcun aiuto valido dalla polizia, decide d’investigare per conto suo, aiutato da una collega di Jessica, Barbara.

Trama terribile per un film terribile, la cui regia era stata inizialmente proposta a Michelangelo Antonioni, che (per fortuna) rifiutò. Sotto il vestito niente, diretto da Carlo Vanzina (il quale disse di essersi ispirato ad Omicidio a luci rosse di Brian De Palma), è un thriller un po’ banale, indebolito ulteriormente dalla scarsa recitazione degli attori. Nel 1985, quando uscì nelle sale, la critica fu davvero feroce. Tuttavia, Sotto il vestito niente fu un enorme successo di pubblico, campione d’incassi di quella stagione cinematografica.

Se è compito della critica stabilire, tramite strumenti di giudizio oggettivi, la qualità o meno di una pellicola, il pubblico (così come il popolo) è stato, in questo particolare caso, sovrano, almeno per quanto riguarda il consegnare alla memoria dei posteri il film. Un successo decretato, in larga misura, dall’ambientazione del lavoro di Vanzina, la Milano da bere di metà anni Ottanta. Ecco che in quel contesto il lungometraggio acquistava tutto un altro sapore. In un altro tempo e luogo, la stessa storia non avrebbe avuto lo stesso impatto (ed è, molto probabilmente, per questo che il sequel del 2011 non ebbe lo stesso riscontro): invece, nel 1985, nell’immaginario collettivo lo sfavillante mondo della moda aveva ben altro fascino, posto in una dimensione forse ancor più glamour, astratta e distante di quella attuale. A riguardo, fu ben riuscita la scena della sfilata di Moschino (allora giovane brand al top) alla Stazione Centrale di Milano, sulle note di I am what I am di Gloria Gaynor. Tra l’altro, Franco Moschino fu l’unico addetto ai lavori ad apportare il suo contributo alla pellicola, organizzando, appunto, la sopracitata sfilata. Tutti gli altri stilisti contattati si rifiutarono di prendere parte al progetto, giudicandolo una pubblicità negativa per l’industria della moda. Non solo: molti di loro vennero invitati alla prima del film e si rifiutarono di andarci, scatenando – ovviamente – la reazione della stampa e i titoli dei giornali: «La moda di Milano trema».

In conclusione, un film da vedere solo per farsi un’idea su uno spaccato di vita milanese di trent’anni fa. Per il resto, come sotto il vestito delle modelle, niente.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie