Paolo Virzì – Il capitale umano

Con la facilità tipica di chi ormai ha interiorizzato il “fare” cinematografico al punto da poter maneggiare in maniera quasi istintiva un genere inedito nella sua carriera, Paolo Virzì, giunto al suo undicesimo lungometraggio, raggiunge finalmente quella maturità artistica che molte volte aveva solo sfiorato, riuscendo a trovare il perfetto equilibrio tra uno stile “internazionale” e la tradizione cinematografica italiana.

Ed è curioso come Virzì sia riuscito ad esprimere l’essenza della commedia all’italiana proprio con il suo film più drammatico e spietato. Che lo faccia poi utilizzando il noir, rappresenta una ulteriore prova dell’originalità del suo progetto. Difficilmente in Italia, dove i film di denuncia restano invischiati nel gioco della politica o scadono in intellettualismi buoni solo per un pubblico festivaliero, si riesce a raccontare con tanta lucidità i problemi del paese affidandosi completamente al racconto di genere, ovvero a un tipo di narrazione più vicina ai gusti del pubblico.

Senza che ce ne accorgiamo ci lasciamo trasportare dalla narrazione e ci sembra quasi di vedere il solito film nel quale l’importante è capire chi è stato a commettere l’incidente, l’investimento di un cameriere dopo una giornata di lavoro. Ma in realtà Virzì, lavorando sotto pelle, ci parla di come tutti in fondo ne siamo responsabili e così facendo ci mette davanti ai nostri errori di genitori e di figli. Se nel tratteggiare i personaggi e il paesaggio, Virzì si serve infatti dei più classici stereotipi lo fa solo per rendere più evidente lo schifo di cui noi stessi facciamo parte e del quale inconsapevolmente ridiamo.

Ad ogni capitolo il regista adotta il punto di vista del personaggio protagonista ed ogni volta ci induce a ripensare il nostro giudizio sul personaggio precedente. Ma Virzì non giudica, non lancia mai facili messaggi moralistici, e lascia che sia il pubblico a farsi una idea. Così ci sentiamo attratti da questi personaggi, ci riconosciamo in loro immediatamente. Non ci accorgiamo dell’uomo che ha perso la vita nell’incidente, ma ci preoccupiamo per tutti quelli che ne sono complici sperando che in qualche modo riescano a farla franca ancora una volta. Perchè siamo noi. Perchè è questo che siamo diventati. Perchè in fondo una vita umana vale solo 218 mila euro.

Impreziosito da un cast di attori eccezionali supportati da un commento sonoro bellissimo e mai invadente, solo una cosa rimane fuori posto ne Il capitale umano: le inutili polemiche politiche riguardanti la Lega e la Brianza, alle quali Virzì avrebbe dovuto rispondere solo con il film.

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