Pier Paolo Pasolini – Salò o le 120 giornate di Sodoma

Il potere è l’essenza della brutalità, ma soprattutto è la certezza dell’impunibilità dei propri crimini.

Salò o le 120 giornate di Sodoma è l’ultimo lavoro scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, uno dei suoi film più discussi e controversi, ispirato alle 120 giornate di Sodoma del marchese De Sade. Il potere è incarnato da quattro signori: il Duca (che rappresenta quello nobiliare), Sua Eccellenza (il giudiziario), il Presidente di una banca (l’economico), infine Monsignore (simbolo dell’autorità ecclesiastica). Durante la Repubblica di Salò, essi si rifugiano in una villa piuttosto isolata, accompagnati da un gruppo di ragazzi, destinati a essere torturati e seviziati psicologicamente e fisicamente per 120 giorni.

La trama si articola in diversi momenti: nell’“Antinferno” i giovani vengono reclutati e condotti alla magione. A tre ex prostitute è affidato il compito di narrare le proprie perversioni sessuali con lo scopo di eccitare i signori che, in un secondo momento, metteranno in pratica quanto ascoltato. Nel “girone delle Manie” inizia a raccontare la signora Vaccari, mentre nel “girone della Merda” la signora Maggi espone le sue passate esperienze nelle pratiche anali: in seguito, una ragazza è costretta a mangiare le feci del Duca, mentre agli altri viene impedito di defecare per dei giorni e gli escrementi, espulsi tutti in una volta, verranno poi serviti a cena. Il “girone del Sangue” si apre con un’ispezione generale l’ultima sera della permanenza nella villa: si scoprono i tradimenti e le violazioni al regolamento stabilito all’inizio del macabro gioco e, dopo la narrazione della signora Castelli, i disobbedienti vengono atrocemente puniti.

Nel cinema pasoliniano il sesso serve sempre a esprimere un messaggio: in questo caso, diventa l’espediente con cui il potere impone la sua despota essenza, attraverso «la mercificazione dei corpi». Salò o le 120 giornate di Sodoma rappresenta uno dei massimi esempi dell’estetica e del pensiero di Pasolini, la denuncia dello sfacelo culturale e antropologico italiano a pochi mesi dal suo omicidio. Il film doveva essere il primo episodio di una “trilogia della Morte”, mai completata a causa della prematura scomparsa del regista, con il sesso inteso come strumento di violenza, umiliazione e dominio.

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