Intervista a Donato Cutolo: “I piccoli eroi delle mie storie”

Con Donato Cutolo, in questa intervista, abbiamo parlato di tante cose. Siamo entrati tra le pieghe del suo ultimo romanzo, Occhi chiusi spalle al mare, una storia di integrazione culturale e di migrazione. Abbiamo parlato di come la letteratura serva per raccontare la realtà e dei progetti collegati al precedente libro, 19 dicembre ’43. Abbiamo insomma parlato di storie e di piccoli eroi, quelli di cui ama parlare Donato Cutolo.

Donato Cutolo, dopo aver raccontato la resistenza nel tuo terzo romanzo, torni con una storia che parla di migrazione e di integrazione. Come e da cosa nasce questo nuovo lavoro?
Dal dolore, anzitutto, che in me ha origini antiche. In secondo luogo dalla perplessità di fronte all’indifferenza: non ho mai capito come madri d’occidente restino impassibili di fronte a migliaia di bambini morti, in guerra e in mare, e come sia possibile che uomini, padri, guardino annoiati telegiornali che parlano di intere famiglie disperse, distrutte, morti ammazzati; come se questo fosse il corso naturale delle cose, come se tutto ciò non riguardasse le loro vite il futuro dei propri figli. Quindi, anziché affrontare in maniera diretta il problema, ho preferito immaginare una famiglia più o meno normale di persone più o meno normali, muoversi, di fronte al problema: migranti, diversità, integrazione.

Il protagonista di Occhi chiusi spalle al mare è Piero, un ragazzo con una storia personale “complessa”. Parlaci un po’ di lui e di cosa rappresenta in questa storia?
Piero è figlio dei nostri tempi, e ho pensato quindi di descriverlo in un certo modo affinché li rispecchiasse: incertezze, paure, stereotipi, rapporto con la famiglia in un momento storico dove la famiglia vive una profonda crisi di passaggio; dalla certezza economica e dalla solidità del rapporto fra i due genitori, allo sgretolarsi del sistema lavoro/stipendio fisso e all’abbattimento di ogni vincolo morale, il fallimento della maggior parte dei legami sentimentali. Tutto questo un bambino lo soffre, un figlio lo soffre, Piero lo soffre. Piero che, per contrapposizione e per fortuna, davanti agli eventi sviluppa una coscienza tutta sua che lo porterà a compiere un gesto eroico. Si, Piero lo definirei proprio un piccolo eroe.

Ancora una volta nei tuoi libri tornano i temi del conflitto (familiare, sociale, storico): è una sorta di motore per le tue storie? E perché?
La famiglia ti prepara e ti educa al sociale, ogni nucleo familiare fa la storia; c’è un filo molto spesso che lega i tre contesti che hai citato, quindi inevitabile che questi temi abbiano un ruolo decisivo nelle – mie – storie.

Visti i recenti fatti il tuo romanzo è quanto mai attuale. Che idea si è fatto Donato Cutolo del fenomeno migratorio e di come questo governo lo sta gestendo?
Non credo ci sia un fenomeno migratorio in particolare, attuale, mi spiego: i popoli, le masse che si spostano da paese a paese, è una pratica che esiste da che esiste l’umanità, dalla notte dei tempi, ed è la mia idea di mondo; ricchezza, innovazioni, crescita, sviluppo, scoperte scientifiche, se siamo arrivati fino a qui è proprio grazie all’incontro di varie culture e di varie idee e di persone così diverse fra loro; immagina se i primi essere umani fossero rimasti da sempre nel posto in cui sono nati: saremmo ancora fermi all’età primitiva. Per quanto riguarda invece gli ultimi avvenimenti nel nostro paese, be’, un senso di nausea di fronte al bombardamento mediatico, al lavaggio di cervelli già in ammollo, l’ho avuto… ma poi, da questo disegno a tavolino, ne ho cavato una speranza: una politica populista incentrata su odio e repressione potrebbe avere un risvolto inaspettato, e cioè una “reazione”; non credo e non voglio credere che le coscienze siano così assuefatte e così morte da restare ancora a lungo spettatrici di fronte a una miseria mediatica simile, prima o poi dovranno pur cedere, aprire gli occhi, chiedersi perché… in più, se i movimenti sapranno cogliere il momento, quel momento, ne potrebbe venir fuori qualcosa di veramente interessante.

Quanto è importante la letteratura quindi per “leggere” e raccontare la realtà storica?
Tanto, le pagine hanno la possibilità di entrare nello specifico e di raccontarla, la realtà, dai grandi avvenimenti agli usi e ai costumi e alle vicende quotidiane di un’epoca; personalmente, la storia e le sue verità le ho carpite perlopiù da certi saggi e dai romanzi: credo nell’onestà di alcuni autori contestati e messi al bando piuttosto che a quella dei vincitori che spesso la storia la scrivono e la tramandano a modo loro nei libri di scuola.

 Occhi chiusi spalle al mare è accompagnato della colonna sonora di Rita Marcotulli e della voce di Sergio Rubini: che ruolo ha la musica nei tuoi romanzi?
Li muove, la musica permette di “vedere” posti e scene e personaggi; quando mi arrivano le composizioni, provvedo poi personalmente a sonorizzare il tutto cercando di dare un’ambientazione storica e logistica alla colonna sonora, così che il lettore possa immergersi in quel mondo, durante o dopo aver letto il romanzo. In “Occhi chiusi spalle al mare”, Rita Marcotulli ha colto l’anima del racconto: impressionante come e dove riesce a collocare le armonie del suo pianoforte; Sergio Rubini, poi, legge così bene alcuni passi del libro che ne resto incantato, eppure quelle parole le ho scritte io…

Con “19 dicembre ‘43” avevi iniziato e portato avanti un bel progetto nelle scuole. A che punto è, cosa ti ha dato? Pensi di riproporlo anche per questo nuovo libro?
Vero, “19 dicembre ’43” è stato adottato in parecchi Istituti Superiori, il tema Seconda Guerra Mondiale sullo sfondo di una grande storia di amicizia è stato considerato didattico, per me fu un’emozione grandissima leggere i commenti scritti degli alunni; nulla a che vedere, però, con quello che sta accadendo con “Occhi chiusi spalle al mare”: l’adozione nelle scuole è raddoppiata, l’attualità dell’argomento mi permette di toccare con mano gli umori e le posizioni dei ragazzi, capire fin dove arrivano i tentacoli dei media e come viene affrontato il discorso in famiglia; per aprire un varco con loro durante gli incontri, porto con me rifugiati dello SPRAR (senegalesi, siriani, marocchini) che raccontano le proprie esperienze dirette sui viaggi della morte e sul perché, di quei viaggi: incredibile come, dopo lo scetticismo iniziale, i ragazzi sviluppino un’attenzione sempre maggiore che spesso sfocia in occhiate e gesti di solidarietà; sia io che Tiziana Di Monaco (Direttore Editoriale Edizioni Spartaco, mia compagna di viaggio in queste esperienze) alla fine ci ritroviamo spesso con gli occhi gonfi di speranza e di rabbia – per quello che potrebbe farsi ma che volutamente non si fa.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.